Attività venatoria: si potrebbe far tanto, ma l'ex Provincia di Bari non ha speso oltre un milione e mezzo
di RITA SCHENA
BARI - Un grido d’allarme da parte delle associazioni di volontari che si occupano di controllo ambientale. Il primo settembre inizia la stagione di caccia e il taglio di fondi operato ormai da anni da parte dell’ex Provincia di Bari ed oggi Area metropolitana, non li mette nelle condizioni di potersi attivare al meglio per le attività di vigilanza dell’attività venatoria e controllo ambientale. Inevitabilmene questo significa minore tutela per i cittadini, per il territorio e, anche, per gli stessi cacciatori che rispettano le regole.
«Nel marzo del 2015 una determina dell’Area metropolitana di Bari stabiliva la restituzione alla Regione Puglia di oltre un milione e mezzo di euro (per la precisione 1.527.240,33, ndr.) che la Provincia di Bari non aveva speso per i programmi venatori del 2005-06 e 2011-12 – spiega Cristiano Scardia coordinatore regionale Rangers d’Italia – cifre non spese dall’ex Provincia, una enormità che potevano servire per piani faunistici e venatori, per bandi di gara che potevano coinvolgere le associazioni di volontari. Per quanto ci riguarda stiamo parlando di 4mila euro all’anno per permetterci di uscire con i nostri mezzi, invece da anni è tutto fermo».
Con la cancellazione della Provincia le deleghe della polizia provinciale dovrebbero essere assunte dalla polizia locale, ma con gli organici a disposizione diventa difficile per un agente municipale dover garantire anche il controllo venatorio. Altrettanto difficoltosa è l’attività della Forestale, si tratterebbe di garantire vigilanza notturna nelle aree boschive, di contrasto al bracconaggio, tante di quelle necessità impossibili da svolgere con organici ridotti e per i quali, a fronte di impegni di spesa minimi, potrebbero essere coinvolti i volontari.
«Ma lo sa che per l’ex Provincia di Bari noi volontari guardie zoofile sul territorio siamo in sovrannumero? Anche per questo non ci danno più deleghe per svolgere al meglio le nostre funzioni – spiega Carmine Gassi, responsabile Anpana distaccamento di Rutigliano e guardia zoofila –. In realtà questo non è vero perché non tutti i nostri iscritti poi operano direttamente. Invece avremmo bisogno di più flessibilità nei decreti per poter coinvolgere più personale e garantire così più controlli».
«Il paradosso è che questa situazione si ritorce anche contro il cacciatore – sottolinea Scardia – versa tasse per le quali non ha alcun ritorno in termini di servizi. Ormai la vecchia figura del “guardiacaccia” non esiste più, quello che serve è un professionista o volontario che conosca bene la normativa per effettuare una vigilanza a tutela di tutti, ambiente per primo. Se una guardia zoofila esce in pattuglia per contrastare l’attività di bracconaggio e si imbatte in un altro illecito ambientale è in grado di intervenire e segnalare il problema, questo significa controllo del territorio a tutto tondo. Chi può realmente garantire un servizio del genere?».
«Come Rangers d’Italia in questo periodo estivo abbiamo avviato la sperimentazione di un numero verde per i reati ambientali sul demanio marittimo (fino al 15 settembre si può chiamare l’800/894.500) – spiega Francesco Di Giovanni presidente regionale dei Rangers – in questi mesi abbiamo avuto un ottimo riscontro da parte dei cittadini che in presenza di un numero dove ottengono risposta sono pronti a collaborare in caso di illeciti. Sarebbe bello se un’esperienza del genere potesse essere mutuata anche per il territorio boschivo: un numero verde gestito dalle associazioni che, insieme con le autorità locali, facessero capillare attività di monitoraggio».
«Lo stesso numero verde è servito anche a raccogliere denunce che non riguardano solo il mare – sottolinea Scardia – circa il 25% delle segnalazioni erano per denunciare la presenza di discariche a cielo aperto nelle nostre campagne, un fenomeno che in questi ultimi anni si è ingigantito. I comuni stanno attivando la raccolta differenziata o porta a porta nei loro territori e parallelamente “lo sport del sacchetto selvaggio lanciato dall’auto nelle campagne” è cresciuto. I cittadini sono disposti a collaborare, ma serve un presidio che risponda loro e che si attivi per risolvere il problema».