Il siderurgico inadempiente da anni sullemergenza dei parchi minerali
TARANTO - La copertura dei parchi minerali dell’acciaieria più grande d’Europa? L’aveva prevista già l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’Ilva il 4 agosto del 2011, senza che però nessuno degli enti competenti si sia preoccupato di verificare se l’Aia è stata rispettata o meno. È proprio sui parchi minerali che con i loro 78 ettari incombono sulle abitazioni del rione Tamburi che finora si è consumato uno scontro tra i custodi giudiziari nominati dal gip Patrizia Todisco per dare esecuzione al decreto di sequestro preventivo firmato il 25 luglio scorso e l'Ilva. Nel piano presentato l'altro ieri in tribunale il gruppo Riva ipotizza la copertura dei parchi, una misura che però era già contenuta nell'Autorizzazione ambientale rilasciata dal Governo il 4 agosto del 2011, una prescrizione sulla quale l'ing. Barbara Valenzano, coadiuvata dai colleghi Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, si sono diffusamente soffermati nella relazione inviata lo scorso 11 settembre alla Procura e al gip. I custodi sottolineano, innanzitutto, che l'azienda non ha rispettato le prescrizioni impartite in sede Aia.
«In relazione agli interventi sui parchi minerari non risulta ottemperata la prescrizione - si legge nella nota - relativa alla implementazione della videosorveglianza degli eventi polverulenti che doveva essere efficace alla data del 23 agosto 2012. Inoltre, il barrieramento che l’azienda intende completare entro la fine dell’anno corrente (attualmente in stato avanzato di lavori) risulta subordinato al completamento delle colline ecologiche a cura del Comune di Taranto, i cui lavori, però, non risultano ancora appaltati. Si ritiene, in ogni caso, che i suddetti interventi non siano risolutivi, bensì di compromesso rispetto alla iniziale prescrizione Aia che prevedeva la copertura dei parchi minerari».
Sulla barriera frangivento, la cui realizzazione l'Ilva lamenta essere stata bloccata dai custodi, gli ingegneri si soffermano, evidenziando non poche anomalie. «Considerato che l’intervento previsto relativo alla “realizzazione di una barriera frangivento, lunga circa 1.600 metri e alta 21 metri, sul tratto interno allo stabilimento confinante con la provinciale per Statte e la statale per Grottaglie”, ed in merito, i risultati dello “Studio di impatto atmosferico dei parchimaterie prime dello stabilimento Ilva di Taranto”, redatto dal Cnr-Iia di Roma, nonché i pareri già espressi dagli esperti nominati dal Comune di Taranto e dalla Provincia di Taranto nell’ambito della “Consulenza tecnica relativa alle problematiche ambientali dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto”, si ritiene che la riduzione ed il contenimento della diffusione di polveri materiali polverulenti disposti in cumuli all’aperto, che trova la sua genesi nell’azione di erosione e trascinamento del vento sulle frazioni dimensionali sensibili, ma anche in tutte le fasi in cui i materiali vengono disturbati da azioni meccaniche, si persegua unicamente con l’adozione delle migliori tecnologie disponibili e pratiche di lavoro, impedendo che le correnti d’aria possano esercitare la loro azione sulle sorgenti di rischio. Si ritiene, nello specifico, che la “barriera frangivento” (così detto “barrieramento”) assolva alla analoga funzione dell’attuale recinzione e non all’intercettazione e contenimento».
Per i custodi, insomma, «appare evidente che l’unico intervento plausibile che possa limitare i fattori condizionanti le emissioni e gli impatti del parco minerali e fossili dell’Ilva, nonché a migliorare gli impianti a partire dai limiti dell’area sia appunto la copertura dei parchi minerari e di tutte le aree che potenzialmente determinano emissioni polverulente. Si ritiene utile, inoltre, delocalizzare gli stessi parchi e suddividerli per tipologia di deposito gli stessi, oltre che prevedere idonee pavimentazioni e sistemi di aspirazione polveri e deflusso aree piazzali. Si ritiene opportuno che l’Ilva effettui una tempestiva valutazione di merito in relazione alla esecuzione dell’intervento suggerito». E proprio in tal senso, i custodi chiedono all'autorità giudiziaria mandato a procedere, affidando la progettazione dell’intervento a una ditta specializzata ove l'Ilva non proceda autonomamente, come pare in effetti stia avvenendo con l’incarico affidato al gruppo Paul Wurth, «eventualmente definendo - scrivono i custodi che non sono stati coinvolti dall’azienda nella fase di stesura del piano interventi per la riduzione delle emissioni - anche le fasi esecutive di intervento». Qualcosa, insomma, comincia a muoversi. Dopo anni di ritardi, e omissioni. [Mimmo Mazza]
«In relazione agli interventi sui parchi minerari non risulta ottemperata la prescrizione - si legge nella nota - relativa alla implementazione della videosorveglianza degli eventi polverulenti che doveva essere efficace alla data del 23 agosto 2012. Inoltre, il barrieramento che l’azienda intende completare entro la fine dell’anno corrente (attualmente in stato avanzato di lavori) risulta subordinato al completamento delle colline ecologiche a cura del Comune di Taranto, i cui lavori, però, non risultano ancora appaltati. Si ritiene, in ogni caso, che i suddetti interventi non siano risolutivi, bensì di compromesso rispetto alla iniziale prescrizione Aia che prevedeva la copertura dei parchi minerari».
Sulla barriera frangivento, la cui realizzazione l'Ilva lamenta essere stata bloccata dai custodi, gli ingegneri si soffermano, evidenziando non poche anomalie. «Considerato che l’intervento previsto relativo alla “realizzazione di una barriera frangivento, lunga circa 1.600 metri e alta 21 metri, sul tratto interno allo stabilimento confinante con la provinciale per Statte e la statale per Grottaglie”, ed in merito, i risultati dello “Studio di impatto atmosferico dei parchimaterie prime dello stabilimento Ilva di Taranto”, redatto dal Cnr-Iia di Roma, nonché i pareri già espressi dagli esperti nominati dal Comune di Taranto e dalla Provincia di Taranto nell’ambito della “Consulenza tecnica relativa alle problematiche ambientali dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto”, si ritiene che la riduzione ed il contenimento della diffusione di polveri materiali polverulenti disposti in cumuli all’aperto, che trova la sua genesi nell’azione di erosione e trascinamento del vento sulle frazioni dimensionali sensibili, ma anche in tutte le fasi in cui i materiali vengono disturbati da azioni meccaniche, si persegua unicamente con l’adozione delle migliori tecnologie disponibili e pratiche di lavoro, impedendo che le correnti d’aria possano esercitare la loro azione sulle sorgenti di rischio. Si ritiene, nello specifico, che la “barriera frangivento” (così detto “barrieramento”) assolva alla analoga funzione dell’attuale recinzione e non all’intercettazione e contenimento».
Per i custodi, insomma, «appare evidente che l’unico intervento plausibile che possa limitare i fattori condizionanti le emissioni e gli impatti del parco minerali e fossili dell’Ilva, nonché a migliorare gli impianti a partire dai limiti dell’area sia appunto la copertura dei parchi minerari e di tutte le aree che potenzialmente determinano emissioni polverulente. Si ritiene utile, inoltre, delocalizzare gli stessi parchi e suddividerli per tipologia di deposito gli stessi, oltre che prevedere idonee pavimentazioni e sistemi di aspirazione polveri e deflusso aree piazzali. Si ritiene opportuno che l’Ilva effettui una tempestiva valutazione di merito in relazione alla esecuzione dell’intervento suggerito». E proprio in tal senso, i custodi chiedono all'autorità giudiziaria mandato a procedere, affidando la progettazione dell’intervento a una ditta specializzata ove l'Ilva non proceda autonomamente, come pare in effetti stia avvenendo con l’incarico affidato al gruppo Paul Wurth, «eventualmente definendo - scrivono i custodi che non sono stati coinvolti dall’azienda nella fase di stesura del piano interventi per la riduzione delle emissioni - anche le fasi esecutive di intervento». Qualcosa, insomma, comincia a muoversi. Dopo anni di ritardi, e omissioni. [Mimmo Mazza]