lo studio

Covid, la vitamina D come antidoto per ridurre i contagi

Nicola Simonetti

Nessuna certezza che il vaccino impedisca a un soggetto di infettare altre persone

Consigli per l’uso per le persone vaccinate: devono continuare a rispettare il distanziamento fisico, ad indossare bene la mascherina, a rispettare le misure di igiene personale ad iniziare dalla frequente pulizia delle mani. Non c’è ancora assoluta certezza che il vaccino, oltre che a proteggere la persona vaccinata (dimostrato) impedisca anche il contagio ad altri. Negli Usa, il Centro controllo malattie ha dato libertà di contatti tra soggetti che abbiano completa la vaccinazione. L’Europa è giustamente più prudente. Analoghe raccomandazioni per i lavoratori, sia sul posto di lavoro che in casa o altro luogo. Essi devono eseguire tamponi e test compresi nei programmi di tutela stabiliti su suggerimento del medico competente (del lavoro). Dopo aver completato la vaccinazione (2 dosi), bisognerà che passino 15 giorni prima di ritenere acquisita la difesa grazie alla formazione di quantità di anticorpi sufficienti ed idonei a neutralizzare il virus.
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La vitamina D può ridurre il rischio di infezione da coronavirus, soprattutto nei neri e, somministrata ai malati può evitare il 60-80% di terapie intensive e di morti. Lo hanno dimostrato il prof David Meltzer dell’università di Chicago che ha preso in esame i tassi di infezione da coronavirus in 5.000 pazienti rivelando che le persone che avevano concentrazioni uguali o superiori a 40 nanogrammi di vitamina D per millilitro di sangue presentavano rischio di contagio inferiore. «Altri studi, come la ricerca “Calcifediol Treatment and COVID-19-Related Outcomes” dell’univ. autonoma di Barcellona (The Lancet) – riporta A. Centini su fanpage.it - ha dimostrato che trattamenti col calcifediolo (il principale metabolita della vitamina D3) hanno ridotto la necessità di terapia intensiva dell'80% e la mortalità dei pazienti Covid del 60%. Meltzer aggiunge che ci sono prove che la vitamina D potrebbe migliorare la difesa immunitaria e diminuire l'infiammazione».

Ricercatori dell’università di Padova (prof. Sandro Giannini coordinatore con colleghi delle univ. di Parma, Verona e Reggio Calabria) hanno dimostrato che trattando con vitamina D pazienti Covid anziani (età media 73 anni) che presentano anche malattie croniche (diabete, cardiocircolatorie, diabete, cancro, ecc) si è notato diminuzione di circa di 60-80%, rispetto ai non trattati, di decessi e trasferimenti in terapia intensiva. Il lavoro, pubblicato su Nutrients è il primo del genere in Italia.
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Aifa: «Stop all'uso preventivo o profilattico, precauzionale di aspirina, tachipirina o eparina (la Gazzetta lo aveva anticipato) perché non c'è alcun nesso dimostrato con tromboembolie, neanche per donne che usano la pillola... i benefici del vaccino AstraZeneca superano ampiamente i rischi e quindi il vaccino è sicuro, senza limitazioni di età e senza sostanziali controindicazioni per l'uso» (prof. N. Magrini direttore Aifa).

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