NATALE LONTANI Cronache dall'Antartide
BARI - All'indomani dell'incidente di volo che, lo scorso 23 ottobre, costò la vita a sette avieri del Centro SAR dell'Aeronautica di Brindisi, alla Gazzetta arrivarono decine di e-mail a sostegno della nostra proposta di intitolare una piazza brindisina ai sette "Angeli del SAR". Una ci colpì in modo particolare: arrivava dall'Antartide. L'aveva spedita il capitano Federico Bellicano, aviere 31enne di Ortona (Chieti), che aveva prestato servizio proprio presso l'84°SAR di Brindisi, dal novembre 2004 al gennaio 2007, partecipando anche alla missione Antica Babilonia con gli elicotteri HH-3F del 15° Stormo rischierati presso l'aeroporto di Tallil, in Iraq.
Il militare scriveva dalla Stazione antartica "Mario Zucchelli" perché era al seguito della missione scientifica italiana. Una missione importantissima per il nostro Paese eppure assai poco presente sui media. Proprio per valorizzare l'impegno scientifico-militare degli italiani al Polo (tra loro anche un medico leccese), la Gazzetta ha messo a frutto quell'incontro virtuale, via e-mail, col capitano Federico Bellicano per dar vita all'intervista che segue e gli approfondimenti che ad essa sono linkati.
Ci racconti in breve una sua giornata tipo
«Le attività della base - dice il capitano Bellicano che, in Italia, è in servizio presso il 72° Stormo di Frosinone - iniziano, di norma, alle 8.00 del mattino, quindi sveglia presto, colazione, ed apertura della Sala Operativa. Da qui, seguo tutti i movimenti del personale, sia a piedi che con i veicoli di terra che, soprattutto, con l'utilizzo dei velivoli. Questo è principalmente il mio compito nell’arco della giornata, intervallato dalla pausa pranzo attorno alle 13.00, in cui mi alterno con il collega meteoprevisore per mantenere sempre presidiata la Sala Operativa. Se nei giorni immediatamente successivi, sono programmati dei voli dell'aereo DC-3 Basler, provvedo a contattare gli "aeroporti" interessati per coordinare i servizi ed il supporto logistico necessari. Nel pomeriggio, mi occupo di pianificare il da farsi per il giorno successivo, in accordo con il Capo Spedizione ed i ricercatori scientifici che necessitano del mezzo aereo per raggiungere i loro siti di ricerca. La giornata lavorativa si conclude di norma alle 20.00, orario di cena, quando tutto il personale è rientrato in base, fermo restando che per ovvi motivi di sicurezza, la Sala Operativa rimane attiva qualora richiesto dal protrarsi delle operazioni oltre il normale orario».
Come e dove trascorre il suo tempo libero?
«Il tempo libero è limitato a qualche ora dopo cena, in cui è possibile guardare i film di una fornita videoteca (abbiamo una sala TV per fumatori ed una per non-fumatori), o intrattenersi al bar (ovviamente gratuito e fai-da-te) dove è anche possibile leggere il giornale che viene scaricato via web. Tuttavia la connessione ad internet tradizionale è disponibile ma solo in caso di estrema necessità a causa dei costi elevati. In ogni caso, ciascun membro della spedizione è titolare di un account e-mail creato ad hoc che permette lo scambio quotidiano di posta elettronica anche se non in tempo reale. Le telefonate verso l'Italia, contrariamente a quanto si possa pensare, sono relativamente economiche in quanto con l'utilizzo di un ponte radio riusciamo a telefonare pagando come se fossimo in Nuova Zelanda. La TV non è disponibile. All'interno di uno chalet ricreativo chiamato "Pinguinattolo", poco distante dalla base, sono disponibili alcuni strumenti musicali ed una piccola palestra con diversi attrezzi. Con l'abbigliamento adeguato è anche possibile fare footing all'esterno della base ma avendo sempre una radio al seguito e facendo bene attenzione a non scivolare sul ghiaccio».
Quante persone vivono complessivamente nella base? Quanti italiani? Quanti militari? Ci sono pugliesi o lucani?
«Il numero delle persone che vive nella base è variabile - spiega l'italiano che ha partecipato anche alla XXIII spedizione in Antartide nel 2007- Di norma c'è un primo gruppo di una ventina di persone, detto "gruppo di apertura", composto dal personale "logistico" che per primo arriva in base col compito di riavviare gli impianti, ristabilire i ponti radio e, in generale, ridare vita alla base. Dopo alcuni giorni arriva il resto del personale e le attività operative programmate per la spedizione possono avere inizio. La Stazione Mario Zucchelli è, oltretutto, di supporto per la base invernale Concordia (ad oltre 1.200km da qui), il cui personale, di nazionalità italiana e francese, transita da noi prima di imbarcarsi per la Nuova Zelanda da qui o dalla vicina Mc Murdo».
«La spedizione di quest'anno è molto ridotta rispetto agli anni passati in cui sono state raggiunte anche le 150 presenze. Attualmente in base ci sono 35 Italiani, 3 Neozelandesi (equipaggio degli elicotteri) e 4 Canadesi (equipaggio del DC-3 Basler). La componente militare, anch'essa sensibilmente ridotta rispetto agli anni passati, è di 4 unità. Oltre al sottoscritto, Responsabile Operazioni e Sicurezza, abbiamo: il capitano Massimo Patania, Responsabile Operazioni Subacquee, del Centro Addestramento Paracadutisti - Folgore, Pisa; il capitano Roberto Bove, Ufficiale Meteoprevisore, del Centro Nazionale di Meteorologia dell'Aeronautica Militare, Pratica di Mare (Roma); il primo maresciallo Paolo Bruzzi, Guida Alpina, del Centro Addestramento Alpino di Aosta.
Abbiamo un pugliese, il medico della base, il dottor Giovanni Tundo, chirurgo leccese in servizio presso il Policlinico di Bari».
E' vero che costruite una pista di atterraggio in ghiaccio che poi però si scioglie?
«La superficie di mare ghiacciato, il cd "pack", antistante la base, consente al "gruppo di apertura" di realizzare una pista di atterraggio per permettere il successivo arrivo dei velivoli che saranno impiegati durante la Campagna. Questa operazione richiede all'incirca 7-10 giorni in cui il ghiaccio viene fresato con un "gatto delle nevi". La pista, di norma, è lunga 2 km e larga 200 mt circa, vengono poi realizzate le aree di manovra degli aerei e le zone di carico e scarico merci e passeggeri e vengono posizionati i sistemi antincendio e di rifornimento del velivolo. Delle stazioni meteo portatili segnalano alla Sala Operativa i dati sul vento che vengono comunicati all'aereo in volo che ha anche a disposizione dei fumogeni azionati da terra per consentire ai piloti una migliore valutazione del vento».
«Il ghiaccio del pack - precisa Bellicano - non è però sempre uniforme e non presenta le stesse caratteristiche in tutti i punti della nostra Baia, il che significa che non è possibile realizzare una pista ovunque. Quindi, dopo aver osservato le immagini da satellite che danno un'idea di eventuali spaccature della superficie, ci si porta sul pack e con una trivella si misura lo spessore del ghiaccio e con un termometro la sua temperatura. La combinazione di questi parametri definisce la capacità della pista di sopportare il peso di un aereo. Al momento la nostra pista poggia su uno strato di ghiaccio di 210 cm con un temperatura di circa -4°C. Con l'inoltrarsi della stagione estiva, le temperature aumentano rendendo il ghiaccio non tanto più sottile quanto più poroso e friabile. In queste condizioni - che si verificano di solito verso dicembre inoltrato (ma in questi giorni lo stiamo già osservando) - le onde del mare che al largo si infrangono su questo strato ghiacciato, sono sufficienti a spaccarlo e a trasformare la Baia in un enorme "puzzle" di blocchi di ghiaccio che, in breve tempo, scompaiono portati via dalla corrente. Quindi, in realtà, la pista non si scioglie bensì si spacca. Ovviamente molto prima che il pack scompaia o diventi inadatto a sostenere un velivolo, viene realizzata una pista alternativa su terra ferma, in uno dei ghiacciai intorno alla base».
Quanto tempo dura la sua missione?
«Una spedizione completa - dice il militare che, tra l'altro, ha due lauree in Scienze Politiche e in Scienze Internazionali e Diplomatiche - normalmente si estende per tutto l'arco della stagione estiva antartica, cioè da metà ottobre a metà febbraio. Una delle anomalie di questa XXIV spedizione sta appunto nella durata eccezionalmente breve visto che la base verrà chiusa entro Natale. L'apertura è avvenuta lo scorso 27 ottobre, io sono arrivato il 5 novembre e rimarrò fino alla chiusura per un totale di circa 45 giorni in territorio antartico».
Qual è l'episodio più strano che le è accaduto da quando si trova in Antartide?
«Più che un episodio direi che la sensazione più strana che si ha vivendo in Antartide è dovuta alla presenza costante di luce solare nelle 24 ore. In pratica il Sole gira intorno alla base, si alza nelle ore più calde della giornata ma, nelle ore serali, si abbassa verso l'orizzonte senza mai scenderne al di sotto. Nelle ore notturne il Sole si nasconde dietro la collina alle spalle della base che quindi va in ombra, ma mai al buio, sebbene ciò comporti un lieve abbassamento della temperatura. La base quindi è sempre illuminata a giorno (o quasi) e si capisce che "è ora di andare a dormire" solo guardando l'orologio».
«Un’altra strana sensazione l’ho avuta nel sentire di colpo l’odore del mare quando si è rotto il pack facendo riapparire l’acqua in superficie. Stavo camminando fuori dalla base e la brezza mi ha portato questo odore che, per me che sono di Ortona, è molto familiare».
Ci sono pericoli nella sua missione, e se sì, quali?
«In ambienti fuori dal comune come questo, i pericoli in agguato sono maggiori. Però chi viene in Antartide per la prima volta segue un corso di preparazione di due settimane. Nella prima, presso le strutture ENEA di Brasimone (BO) si alternano delle lezioni teoriche al mattino con delle esercitazioni pratiche al pomeriggio, tra cui, primo soccorso, antincendio, ecc. Nella seconda, sulle Alpi con le guide del Centro Addestramento Alpino di Aosta, si trascorre una settimana in tenda imparando le tecniche di sopravvivenza e l'utilizzo degli equipaggiamenti in dotazione. Alla luce dell'addestramento e dell'equipaggiamento che ognuno di noi ha, mi sento di dire che il freddo non è il maggior pericolo. Conosciamo i sintomi legati ai principi di congelamento e chi è impegnato in attività all'esterno non opera mai solo».
«Però, qualche giorno fa, la nostra guida stava perforando il ghiaccio marino per un sondaggio quando una parte della superficie ha ceduto inaspettatamente facendolo scivolare in acqua. I due colleghi che erano con lui lo hanno soccorso immediatamente e la guida è rientrata in base per una doccia calda senza ulteriori inconvenienti».
Ci sono anche numerose specie animali nella vostra area, vero?
«Per noi che viviamo qui a Baia Terra Nova, non è raro avere contatti con le specie più comuni nel territorio antartico. Ma teniamo le distanze per non turbare la vita degli animali. Le foche di Weddell sbucano spesso dalle spaccature nel ghiaccio per emergere in superficie e distendersi a riposare anche per giorni interi o per dare alla luce i loro cuccioli. La stanchezza che accumulano durante le loro lunghe nuotate prima di salire in superficie si intuisce dall'indifferenza che hanno nei nostri confronti quando ci avviciniamo, infatti si limitano a controllarci "con la coda dell'occhio". Normalmente la foca di Weddell (a differenza della foca Leopardo, più rara da incontrare), non è aggressiva ma in presenza di cuccioli è bene comunque mantenersi a distanze maggiori perché potrebbe diventarlo. Per quanto riguarda i pinguini, non distanti dalla base ci sono sia gli Imperatore, con il tipico colletto giallo, che gli Adelia, di dimensioni più piccole. Anch'essi sono animali in genere non aggressivi sebbene diventino molto protettivi delle loro uova durante i periodi di cova. Non sono spaventati dalla presenza dell'uomo che al contrario genera in loro una certa curiosità, non è raro infatti trovarseli vicino all'elicottero mentre osservano con stupore e attenzione i nostri movimenti. Infine, la base pullula di una specie di uccelli comunemente chiamati "skua", anch'essi tutt'altro che infastiditi dalla nostra presenza, ma che a volte possono essere molto dispettosi e, con il loro becco, perfino dolorosi!»
Quale momento della sua giornata è il più difficile, o il più triste?
«Intanto mi sento di escludere i momenti tristi - dice il capitano, che è fidanzato e non ha figli - tra l'altro considerando le mie precedenti missioni all'estero e la brevità di questa permanenza, mi risulta anche difficile sentire la nostalgia di casa. Quanto ai momenti "difficili", nelle giornate di lavoro intenso, sono molte le comunicazioni da inoltrare, i contatti da mantenere, le persone e gli Enti con cui parlare. La Sala Operativa è il centro nevralgico della base, quindi siamo noi a coordinare tutto in modo da agevolare il lavoro degli altri».