Ritratti
«Fuggita dai talebani, vorrei laurearmi a Bari», la storia dell'attivista afghana Firoza Wahedy
«Le mie figlie sono chiuse in casa da quando sono tornati gli estremisti e prego l’Italia di non abbandonare il mio Paese e i suoi giovani»
«I Talebani mi hanno strappata dai miei figli, dalla mia famiglia, dal mio Paese e dalla laurea che stavo per conseguire. Ho il cuore pieno di gratitudine nei confronti dell’Italia che mi ha salvata e alla grande Università di Bari, che mi ha invitata qui oggi, chiedo se possibile soltanto una cosa, che mi permetta di terminare gli studi universitari». Firoza Wahedy è a Bari nell’ambito del laboratorio del programma di Competenze trasversali universitarie (Dipartimento di Giurisprudenza) intitolato «Terrorismo internazionale, prevenzione e integrazione sociale: metodologie & counter-narrative per la deradicalizzazione delle donne e dei minori rifugiati», coordinato dalla professoressa Laura Sabrina Martucci.
Camicia chiara, pantaloni, smalto e un filo di rossetto, Firoza ha sul capo una pashmina nera. Le ricade sulle spalle lasciando scoperti ampi ciuffi di capelli scuri e due orecchini di perle. Eppure è stato un burqa a salvarle la vita...
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