Il caso

Lecce, bimbi insultati e minacciati in classe: maestra d'asilo condannata a tre anni

Per i giudici: «Metodo educativo distorto»

«Lo 'ius corrigendì non può legittimare un uso sistematico della violenza, che oltrepassa l'abuso dei mezzi di correzione». Lo scrive il Tribunale monocratico di Lecce nelle motivazioni della sentenza con cui, a marzo scorso, ha condannato alla pena di 3 anni di reclusione una maestra di una scuola dell’infanzia per maltrattamenti su alunni tra i 3 i 5 anni di età. I reati sarebbero stati commessi tra la fine del 2014 e il gennaio 2015. L’insegnante avrebbe adottato «un metodo educativo - spiega il giudice - fondato su intimidazioni, violenze psicologiche e fisiche, offese, scherni e minacce, creando un clima costante di umiliazione e sofferenza nei bambini». Tali condotte sarebbero state «reiterate, abituali e idonee a provocare comprovati danni psicologici e turbamenti nei minori (paure, incubi, minzione involontaria, rifiuto della scuola)».

I video che sono agli atti del procedimento penale mostravano episodi ripetuti di percosse (tirate di capelli, sculacciate, spinte), imposizioni fisiche e continui insulti e minacce. Le condotte, quindi, secondo il Tribunale «risultavano totalmente incompatibili con il ruolo educativo e, benché taluni singoli gesti potrebbero apparire lievi se rivolti ad adulti o bambini più grandi, riferiti a bambini di 3-5 anni assumono indubbia natura maltrattante». Per bambini così piccoli, spiega la sentenza, «anche urla e minacce possono costituire una forma di violenza psicologica grave», evidenziando che «il maltrattamento non si verifica solo quando un bambino è direttamente colpito, ma anche quando vive in un ambiente costantemente ostile». Per questo motivo, il giudice parla di maltrattamento «ambientale».

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