il caso

Salento, balneari col fiato sospeso: «Chiediamo solo certezze»

ALESSANDRA LEZZI

«Siamo sotto schiaffo e viviamo alla giornata. Così non si va avanti»

LECCE - «Lavoriamo senza entusiamo». Il clima che si respira tra gli imprenditori balneari in questo avvio di stagione 2024 lo descrive con tre parole Sandro Portaccio, titolare di Lido Pizzo, a Gallipoli.

Il tema delle concessioni demaniali marittime, già di per sé controverso, è in una situazione di stallo tale che nessuno sa più cosa aspettarsi. Più volte il legislatore nazionale ha rivendicato l’autonomia del potere politico di legiferare rispetto alle sentenze che si sono susseguite, con il relativo strascico di polemiche, negli ultimi anni. Il tavolo al Ministero delle Infrastrutture per realizzare finalmente una mappatura totale e un quadro chiaro dell’esistente ha chiuso i lavori da mesi. I dati emersi sono noti: il 33 per cento delle coste italiane sono in concessione. In particolare, il dato pugliese è fermo al 7,8 per cento. Il resto è libero.

E dunque? Su questo, in assenza di una norma nazionale, bisogna districarsi con le sentenze. Il riferimento immediato è alle due sentenze gemelle della Plenaria del Consiglio di Stato che, nel novembre 2021, hanno stabilito la scadenza di tutte le concessioni esistenti al 31 dicembre 2023, l’inapplicabilità delle proroghe perché in contrasto con la normativa europea - leggasi Direttiva Bolkestein - e dunque l’obbligo delle gare. E sostenuto, a supporto di quanto stabilito, la “evidente scarsità della risorsa”. Un’altra sentenza più recente, risalente allo scorso aprile, ha in sostanza ribadito lo stesso principio, fatto quasi scontato considerato che l’adunanza plenaria è considerata riferimento di giurisprudenza per la magistratura amministrativa.

Il Consiglio di Stato non è però l’unico ad essersi espresso sulla materia, giacché nell’aprile 2023 la Corte di Cassazione aveva annullato una delle sentenze gemelle invitando il Consiglio di Stato a esprimersi nuovamente sul tema sostenendo, in particolare, che «il vincolo del giudicato può formarsi unicamente sulle sentenze della Plenaria che definiscono una singola controversia, mentre non può dirsi sussistente a fronte della sola enunciazione di principi di diritto, la quale richiede un’ulteriore attività di contestualizzazione». Facile immaginare che il riferimento fosse alla definizione di scarsità della risorsa demaniale stabilita senza alcun dato oggettivo di riferimento e alla volontà di ribadire che i principi di diritto spettano al potere legislativo.

E del resto, proprio la tanto richiamata Corte di Giustizia europea, venti giorni prima della sentenza della Corte di Cassazione italiana, aveva ricordato che l’obbligatorietà di applicazione della Direttiva Bolkestein esiste solo in caso di scarsità della risorsa e che lo stesso articolo 12 della norma europea «conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione di tale scarsità».

Dunque la volontà politica, se e quando si esprimerà, sarà preminente rispetto alle sentenze.

«Fino ad allora però - sospira Portaccio - siamo sotto schiaffo, viviamo alla giornata. Come si fa ad amministrare un lido in questa situazione? Un pm domattina potrebbe svegliarsi e sequestrare tutto, perché in assenza di una norma valgono le sentenze. Veda cosa è accaduto con i parcheggi. Sono sotto sequestro. Ma venite a vedere quello che succede la domenica. Lo stabilimento non può utilizzarlo, controllando. Sulla sosta selvaggia, con auto parcheggiate una dietro l’altra, si lascia fare».

E dallo Jonio all’Adriatico, il clima non cambia. Gli stabilimenti sono ormai da tutto esaurito grazie al gran caldo ma l’entusiasmo non segue la stessa onda. «Se ci devono far fare le gare, si facciano. Ma ci dicano come, quando, in che modo», dice Alfredo Prete, del Lido York, nella marina leccese di San Cataldo. «Il Governo faccia presto - esorta Giuseppe Mancarella, titolare dell’omonimo stabilimento sulla litoranea di San Cataldo, in agro di Vernole - Ma soprattutto ci si ricordi che è stato lo stesso Consiglio di Stato a riconoscerci il ruolo di tutela della spiaggia. Qui rischia di saltare il turismo balneare italiano».

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