Femminicidi

Parla la mamma di Noemi Durini: «Lei come Giulia, chiediamo certezza della pena»

Alessandra Lezzi

L'appello della mamma della 16enne di Specchia, uccisa dal suo ex fidanzato, alle ragazze: «Non tollerate il possesso»

LECCE - Signora Imma Rizzo, lei è la mamma di Noemi Durini uccisa a 16 dall’ex fidanzato. Mi racconta di Noemi? chi era? com’era?

«Noemi era una ragazza solare, piena di vita, amava la danza e amava stare con le amiche. Mi diceva sempre che da grande voleva studiare psicologia per aiutare i bambini in difficoltà».

Il rapporto tra i due fidanzati - questo è emerso fin dai primi giorni in cui si cercava Noemi - era contrastato da voi. Quali sono stati i segnali che l’hanno messa in allarme?

«Era contrastato perché ho notato da parte di lui una serie di atteggiamenti come il possesso, il controllo, le limitazioni personali che andavano dallo sport alle amicizie, il volerle stare sempre intorno in qualunque momento della giornata. Questi campanelli hanno fatto sì che io avvisassi da subito mia figlia iniziando a limitare questa relazione. Poi quando Noemi l’ha capito e l’ha lasciato, lui l’ha uccisa»

Lucio Marzo vi ha mai scritto? Ha mai tentato di raccontarvi perché e che cosa è realmente accaduto nei minuti che hanno preceduto il delitto?

«No, non si è mai scusato o altro, perché è evidente che non abbia mai provato rimorso né pentimento del gesto atroce compiuto».

Lei dopo l’uccisione di sua figlia ha voluto fare due battaglie: una per difenderne la reputazione, l’altra per sensibilizzare le coscienze. Ci racconti..

«Ci sono state parecchie accuse diffamatorie da parte di terze persone, volte a credere che, infangando la memoria di una ragazza di 16 anni morta, avrebbero “ripulito” l’omicidio compiuto dal Marzo. Ovviamente poi le responsabilità sono state accertate tanto da arrivare a sentenza di condanna. Nel 2018 ho creato l’associazione “Casa di Noemi”, con lo scopo di sensibilizzare soprattutto i giovani sulla violenza di genere. Portare avanti la testimonianza di Noemi significa dare voce a Noemi e a chi non può più farlo».

Di Lucio Marzo si è tornati di nuovo a parlare perché guidava ubriaco a Cagliari. Sei anni dopo la sua condanna era in permesso premio per lavorare. Uno schiaffo incomprensibile alla sua famiglia. Quanto è arrabbiata?

«Sono delusa dalle istituzioni. Un soggetto del genere e altri come lui non possono essere reintegrati in società: sono irrecuperabili. Lui è in Sardegna, e solo ad agosto con quell’episodio abbiamo scoperto che è già in permesso premio da 3 anni. Abbiamo lottato con il mio avvocato per richiedere subito indagini interne per valutare terze responsabilità e l’immediato trasferimento in un carcere per adulti. Il Ministro della Giustizia, che ringrazio, si è immediatamente adoperato in tal senso. E poi c’è da chiedersi come ha fatto a prendere la patente stando in carcere.. Dove ha fatto le lezioni di guida? A questo non posso risponderle perché onestamente non credevo che lo Stato permettesse così tanto a chi ha commesso reati come l’omicidio. Ma sicuramente sono in corso tutti gli accertamenti del caso e chiediamo al Ministro dei Trasporti il ritiro della patente».

Cosa vede quando guarda i ragazzi che incontra nelle scuole? Ne usciremo mai?

«Vedo molta voglia di comprensione del fenomeno e nella maggior parte dei casi, voglia di cambiamento. Purtroppo è un fenomeno molto vasto con radici culturali molto profonde e attanagliate all’interno di stereotipi e pregiudizi sociali. C’è molto da lavorare a livello sociale e legislativo. Anche se i dati statistici attuali parlano chiaro. Purtroppo».

Vuole dire qualcosa ai familiari di Giulia?

«Esprimo la mia piena vicinanza da madre, da genitore. So cosa vuol dire perdere un figlio, conosco la difficoltà di trovare la forza per lottare ogni giorno per ottenere giustizia per loro, e fare i conti con il lutto e la mancanza di un figlio morto tragicamente».

Lei si sta battendo per ottenere la reale certezza della pena. Quali iniziative concretamente sta portando avanti?

«Su whatsapp abbiamo un gruppo tra mamme che hanno perso tragicamente i figli. Ci stiamo battendo sia singolarmente che insieme per far sì che la nostra voce venga ascoltata da tutti i politici: sono loro ad avere il potere del cambiamento legislativo. Abbiamo bisogno di pene più severe per chi si macchia di reati simili, niente più sconti di pena o permessi premio. Chiediamo la certezza della pena: fine mai pena. Come la nostra».

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