a Milano
Ospedale «Sacco»: una ricercatrice salentina nel team che ha isolato il ceppo italiano del Coronavirus
Si chiama Arianna Gabrieli, ha 35 anni ed è originaria di Galatina, nel Leccese
C'è anche una ricercatrice salentina nel team di donne, precarie, che all'ospedale Sacco di Milano sono riuscite a isolare il ceppo «italiano» del coronavirus: è Arianna Gabrieli, 35 anni, originaria di Galatina (Le). Nel laboratorio universitario del nosocomio, diretto dal professor Massimo Galli, Arianna ha lavorato insieme alla professoressa Claudia Balotta, e alle colleghe Alessia Lai e Annalisa Bergna, il collega Maciej Tarkowski, anche lui precario, e al professore associato Gianguglielmo Zehender, esperto di igiene applicata. In sei giorni e sei notti di lavoro hanno isolato il ceppo di tre pazienti italiani affetti dal virus che in pochi giorni ha sconvolto la vita degli italiani.
«Siamo riusciti a isolare virus autoctoni - ha spiegato il professor Galli, direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche dell’Università di Milano - molto simili tra loro, ma con le differenze legate allo sviluppo in ogni singolo paziente». Una scoperta che consentirà di «seguire le sequenze molecolari e tracciare ogni singolo virus per capire cos'è successo, come ha fatto a circolare e in quanto tempo» e soprattutto che cosa lo differenzia dal virus isolato alla Spallanzani. Il passo successivo sarà quello di studiare lo sviluppo di anticorpi e quindi di vaccini e di cure da parte dei laboratori farmaceutici.
«Il ceppo che abbiamo isolato - ha spiegato la professoressa Balotta - è di pazienti che si sono infettati in Italia e questo consente di studiarne le caratteristiche biologiche, l'infettività e la virulenza». In particolare con il sequenziamento molecolare sarà possibile «tracciarne il percorso nella popolazione italiana, per appurare se i due focolai siano effettivamente due o è uno solo, con la certezza non solo del dato anamnestico, relativo alla storia clinica del paziente, ma anche con lo studio sul genoma presente nei diversi pazienti». In qualche modo, aggiunge Balotta, sarà possibile «fare la datazione di ogni singolo virus per capire da quanto tempo circola in Italia». Una scoperta dalle molteplici potenzialità in quanto l’Istituto di Scienze Biomediche è pronto a «isolare i virus di tutti i pazienti ricoverati» e a «collaborare con tutti coloro i quali ci chiederanno l’isolato» per trovare nuovi farmaci, oltre a quelli già sperimentati su Ebola e anche i possibili vaccini.