La sentenza
Us Lecce, annullato accertamento da 30mila euro
L'Agenzia delle Entrate aveva contestato alla società il mancato versamento di ritenute su una presunta retribuzione a un calciatore
Si trattava di un compenso al procuratore calcistico e non, invece, di un “fringe benefit” (ovvero, di un beneficio accessorio) in favore dello stesso calciatore. Così, i giudici tributari hanno annullato l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate contestava all’Unione sportiva Lecce il mancato versamento di ritenute su compensi per lavoro dipendente, per un importo di 30mila euro (più iva, per altri 6.300 euro).
La sentenza è stata emessa in 20 settembre scorso dalla la quarta sezione della Commissione tributaria (presidente Giovanni Romano, relatore Arturo Sartori, giudice Sergio Mario Tosi), in accoglimento delle tesi dell’Us Lecce, rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio Villani.
L’Agenzia delle entrate, adeguandosi al verbale di contestazione (P.v.c.) del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, aveva emesso l’avviso ritenendo che il compenso corrisposto dall’Unione Sportiva Lecce all’agente doveva considerarsi remunerazione in natura corrisposta al calciatore. Dunque, in quanto retribuzione erogata al dipendente, sottoposta al versamento delle ritenute d’acconto.
La società, nel costituirsi in giudizio, oltre a sollevare una serie di eccezioni di diritto, eccepiva, nel merito, l’infondatezza dell’atto impositivo impugnato.
I giudici hanno sottolineato come l’Agenzia delle Entrate, contestando la fittizietà soggettiva dell’operazione (ovvero che il reale beneficiario di quanto corrisposto dalla società doveva essere considerato il calciatore, quale forma di retribuzione aggiuntiva corrisposta in suo favore, e non già quale onere economico della prestazione resa dal procuratore), avrebbe dovuto produrre la prova della divergenza tra la realtà dell’operazione e la sua espressione documentale, fornendo validi elementi, che potessero anche assumere la consistenza di attendibili indizi. Nel caso di specie, invece, affermano i giudici tributari “gli elementi probatori forniti si appalesano privi dei caratteri di gravità, precisione e concordanza e comunque inadeguati a dimostrare la reale sussistenza di una indennità aggiuntiva in favore del calciatore”.