Accadde oggi
Strage nei campi sentenza storica
Nell’ottobre 1922 verdetto in Assise a Bari
Dell’esito della guerra greco-turca, della crisi del Consiglio comunale di Bari e della definizione di fascismo si legge sul «Corriere delle Puglie» del 1° ottobre 1922.
Il giurista Giuseppe Alberto Pugliese prova a dare una sua lettura del movimento che si è fatto partito e che diverrà, a breve, forza di governo: «Per esaminarlo è bene spogliare la mente dei vecchi concetti e delle antiche parole aristocrazia, democrazia, destra, sinistra. Il fascismo è cosa radicalmente nuova per la sua formazione, per i suoi intendimenti e tendenze, per il suo capo, per i suoi componenti, per la sua massa».
Non si spegne, inoltre, l’eco per la sentenza finale del processo per la strage di Marzagaglia, emessa dalla Corte d’Assise di Bari. Il 1° luglio 1920, in una contrada tra Gioia e Castellaneta, alcune decine di braccianti, impegnati nella pulitura della vigna presso la masseria della famiglia Girardi, furono a fine giornata colpiti da fucilate provenienti dall’interno della struttura. Il bilancio finale fu di sei morti tra i contadini: Pasquale Capotorto, Vito Falcone, Vincenzo Milano, Rocco Montenegro, Rocco Orfino e l’ultimo, Vitantonio Resta, di soli 16 anni. Ad aprire il fuoco erano stati alcuni proprietari e mezzadri del paese: si scatenò, così, una reazione violenta tra la popolazione, in cui morirono altre tre persone ritenute legate agli esecutori dell’eccidio.
Il processo, apertosi nel maggio 1922, si è concluso il 31 agosto ‘22 con l’assoluzione di tutti gli agrari dall’accusa dei sei omicidi per legittima difesa. Due braccianti, invece, sono stati condannati a 7 e 5 anni di carcere per l’assassinio dei tre proprietari terrieri. «L’atto di clemenza dei giudici significa anche atto di pacificazione - si legge sul “Corriere” –. Le ire che si acuirono tra le due classi sociali, fra proprietari e contadini, sono state superate dal verdetto dei giurati, sono state smussate da una sentenza inappellabile e insindacabile, ispirata al perdono. I giorni luttuosi del 1° e 2 luglio 1920 passeranno alla Storia. Ma passato il turbine che travolse il quotidiano ritmo della vita gioiese, le ire vennero sedate e il compianto divenne solenne per i caduti e colpiti. E la pace ritorni, dunque, nella bella cittadina; abbia la sua consacrazione col verdetto, che volle dire alle parti in contesa, rappresentanti due classe sociali: non più rancori, né odi, d’ora innanzi siate fratelli!».
Meno di un mese dopo, invece, con la violenta presa del potere da parte del fascismo si inaugurerà una lunga stagione di conflitti sociali, di autoritarismo, di repressione, di guerra. Tutto, fuorché la pace.