Accadde oggi
L'omicidio Di Vagno al processo di Trani
Udienze e rinvii sul delitto per mano fascista del deputato socialista di Conversano
Le conseguenze del rovesciamento del governo autonomo di Fiume continuano ad occupare la prima pagina del «Corriere delle Puglie» del 9 marzo 1922. Una settimana prima, circa duecento tra fascisti e legionari, attaccato il Palazzo del governo, hanno proclamato l’annessione all'Italia della città libera. Il Comitato di difesa nazionale, che ha assunto i pieni poteri, cerca pertanto di formalizzare la situazione con Roma, che a sua volta si rifiuta di discutere senza un capo del governo regolarmente designato.
I fiumani, dunque, nominano il deputato fascista Giovanni Giuriati, irredentista, volontario nella Grande guerra e già capo di gabinetto di D'Annunzio a Fiume. Pochi mesi dopo, Giuriati parteciperà alla marcia su Roma e negli anni del regime di Mussolini ricoprirà diversi incarichi di rilievo: diventerà, nel 1933, segretario del Pnf.
Il processo per l’assassinio Di Vagno Prende avvio a Trani il processo per l’assassinio di Giuseppe Di Vagno, il deputato socialista di Conversano ferito a morte il 25 settembre 1921 a Mola. Sulle ipotesi di reato avanzate dalla Procura di Bari è chiamata a giudicare la Sezione d’accusa presso la Corte d’appello di Trani. Il «Corriere» riporta integralmente il testo della requisitoria del sostituto procuratore generale, Erminio Calcagni. Al termine di una meticolosa ricostruzione dei fatti, egli chiede di non procedere contro alcuni imputati per insufficienza di prove o per non aver commesso il fatto: solo Luigi Lorusso, invece, è rinviato a giudizio.
L’on. Di Vagno, rieletto in Parlamento nel maggio ‘21, da tempo nel mirino di una ossessiva propaganda nazionalista, era già scampato a diversi agguati. La notizia del suo assassinio, commesso da una squadra armata di rivoltelle e bombe a mano, aveva avuto risonanza in tutta Italia.
Si trattava infatti del primo parlamentare ucciso per mano fascista e purtroppo non sarà l'ultimo. Il procedimento andrà avanti con ulteriori udienze e rinvii, finché, dopo la marcia su Roma, cambieranno totalmente gli scenari.
Anche agli esecutori materiali del delitto Di Vagno, quei pochi che non erano già stati assolti o prosciolti dalle accuse, sarà concessa l’amnistia, prevista dal neonato governo Mussolini per gli autori di violenze attuate «per fine nazionale». Subito dopo la caduta del fascismo prenderà avvio la revisione del processo: con la sentenza finale del 1947 gli stessi imputati del ’22 saranno condannati, tuttavia, a pene più lievi del previsto.