Germania - Torturò una ragazza: sconto di pena «è sardo»

CAGLIARI - Ha tenuto segregata per giorni la ex fidanzata, l'ha picchiata, violentata, torturata e umiliata in vari modi ma ha ottenuto uno sconto di pena «perché è sardo». L'incredibile vicenda giudiziaria ha come protagonista il giudice di Hannover, che ha condannato a sei anni di carcere un 29enne sardo che lavorava come cameriere in Germania ma gli ha concesso le «attenuanti etniche e culturali». La sentenza è di un anno fa ma è stata resa nota solo in questi giorni in quanto il legale del giovane, l'avvocato Annamaria Busia, sta tentando di fargli scontare la pena in Italia. «Ho ottenuto una copia tradotta in italiano, con il timbro del tribunale tedesco, - ha spiegato - in vista dell'udienza per il trasferimento in Italia prevista il 23 ottobre in corte d'appello a Cagliari». E nella sentenza si legge testuale: «Si deve tenere conto delle particolari impronte culturali ed etniche dell'imputato. È un sardo. Il quadro del ruolo dell'uomo e della donna, esistente nella sua patria, non può certo valere come scusante me deve essere tenuto in considerazione come attenuante».
Il fatto di essere nato in Sardegna, per il giudice tedesco, rende quindi meno grave la responsabilità del giovane che, convinto che la fidanzata lituana lo tradisse, l'ha tenuta prigioniera per tre settimane sottoponendola anche a violenze sessuali di gruppo e arrivando a orinarle addosso. Le convinzioni sui sardi del magistrato, a dir poco bizzarre, hanno fatto risparmiare al cameriere almeno due anni di carcere. Il suo avvocato rimane comunque indignato. «È una sentenza razzista», afferma sconcertata Annamaria Busia.

IL TRIBUNALE: NON E' RAZZISMO, NE' DISCRIMINAZIONE
Lo sconto di pena a Maurizio Pusceddu, condannato a sei anni per stupro, non ha a che fare con la sua provenienza sarda. Lo ha detto la portavoce del Landgericht Bueckeburg, Birgit Brueninghaus. La pena per casi simili varia tra i 2 e i 15 anni, ma in tale occasione è stata rivista al ribasso, portandola da un minimo di 6 mesi a un massimo di 11 anni e 3 mesi, in quanto l'imputato si trovava, al momento del reato, in uno «stato di notevole riduzione della propria capacità di controllo», ha spiegato Brueninghaus. La pena di sei anni, ha aggiunto, è dunque di poco «al di sopra della metà» del massimo consentito.
Come sempre, i giudici hanno tenuto conto non solo delle aggravanti ma anche di alcuni elementi a favore dell'imputato. Tra questi rientrano sia il fatto che Pusceddu fosse incensurato, sia la sua parziale confessione.
L'uomo ha inoltre agito «sotto l'effetto di una eccessiva gelosia». E, continua Brueninghaus leggendo dalla sentenza originale datata 2005, «a questo proposito (cioè in relazione alla spiccata gelosia, ci tiene a precisare la portavoce), si deve tenere conto delle particolari impronte culturali ed etniche dell'imputato. E' sardo. Il quadro del ruolo dell'uomo e della donna, esistente nella sua patria, non può certo valere come scusante me deve essere tenuto in considerazione come attenuante». Pertanto «non gioca alcun ruolo se si tratta di un italiano, di un bavarese, di un cittadino della Germania settentrionale o di un francese», chiarisce Brueninghaus. Per tentare di spiegare la sua gelosia, i giudici hanno solo tenuto conto del fatto che, nella sua infanzia e gioventù, l'imputato è «cresciuto in un ambiente in cui c'era un particolare quadro del ruolo dell'uomo e della donna», che lo ha influenzato. «Non si tratta di certo di una sentenza razzista», afferma la portavoce. «No, non si può dire» che le attenuanti siano state riconosciute a Pusceddu perché è sardo, conclude Brueninghaus.

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