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«Messina Denaro, cattura frutto delle idee del grande Falcone», parla Sinisi, collaboratore del giudice ucciso

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

«Messina Denaro, cattura frutto delle idee del grande Falcone», parla Sinisi, collaboratore del giudice ucciso

Andriese, oggi sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bari, più di 30 anni fa, da giovane magistrato, affiancava Falcone quando dirigeva la Direzione generale degli Affari penali

Martedì 17 Gennaio 2023, 13:10

«In una fase storica molto particolare sono stato il più stretto collaboratore di Giovanni Falcone. La cattura di Matteo Messina Denaro è anche frutto delle intuizioni elaborate allora da un magistrato straordinario». Giannicola Sinisi, 65 anni, andriese, oggi sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bari, più di 30 anni fa, da giovane magistrato, affiancava Falcone quando dirigeva la Direzione generale degli Affari penali. «Era il periodo in cui gettò i semi della futura disciplina del “doppio binario” che si è poi rivelata decisiva nel contrasto alla mafia». Ovvero un presidio di norme mirate e calibrate sui delitti di criminalità organizzata con la creazione di strutture investigative specializzate e dedicate a questi fenomeni. Il Ros dei carabinieri, al pari delle altre élite delle altre forze di polizia nacquero allora. «L’idea di Falcone di istituire una Procura nazionale antimafia è nata sotto i miei occhi, nella stanza accanto alla mia».

I latitanti dell’epoca delle stragi si chiamavano Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma c’è sempre un altro fuggitivo da catturare. «I Virga avevano devastato la società civile economica siciliana, il padre di Matteo era molto noto a Trapani ma non solo. Il figlio, non ancora. Siamo grati alle forze dell’ordine e alla magistratura che hanno portato a casa un risultato molto importante, si tratta di un segnale formidabile della forza dello Stato». E questo anche ben oltre i confini siciliani. «Ho ancora in mente le immagini di presunti esponenti della criminalità organizzata foggiana in pellegrinaggio a Palermo sulle tombe di Riina e Provenzano, anche le mafie locali sanno che lo Stato c’è». E se per Messina Denaro ci sono voluti tre decenni «vuol dire che la rete di connivenze che lo ha protetto per tutto questo tempo è stata molto efficace». Una rete che, per altre vie, allora agì anche in altre direzioni. «C’è stato chi contribuì ad isolare uomini dello Stato come Giovanni Falcone. Ho vissuto e percepito il suo isolamento voluto dalla stessa magistratura che non accettò la sua straordinaria eccezionalità. Nella sua Palermo c’erano persino i vicini di casa infastiditi dalle sirene e dalla presenza degli uomini della scorta. Allo stesso tempo però, paradossalmente, proprio quelle stragi così rumorose ed eclatanti hanno contribuito a far cambiare atteggiamenti, a spezzare quel torpore che lo ha fatto così soffrire e da cui in tanti, troppi, solo dopo hanno preso le distanze». Insomma, un po’ il simbolo delle tante «contraddizioni nel nostro Paese, basti pensare che la terra di Falcone e Borsellino ha dato vita alla mafia ma anche all’antimafia. La prima soccomberà come ha previsto Falcone. La leva culturale è quella decisiva».

Sinisi si rituffa di nuovo nel passato. La sua memoria torna a quando, con la supervisione di Falcone, studiò qualcosa come 10mila sentenze emesse dalla Cassazione in un periodo in cui puntualmente venivano annullati i verdetti della magistratura di merito, lì dove si sospettava ci fossero persino giudici “ammazza sentenze”.

In quella fase, «con le direttive di Falcone elaborai personalmente il monitoraggio su una una lunga serie di “errori giudiziari”, chiamiamoli così, che puntualmente portavano alla scarcerazione di esponenti mafiosi».

Gli inizi in magistratura, una lunga parentesi in politica, sindaco di Andria, parlamentare con la sinistra, Sottosegretario alla Giustizia, infine il ritorno alla toga. Ma non chiedete a Sinisi chi tra magistratura e politica ha più armi per combattere la mafia. «Lo Stato è uno, la mafia si combatte con con tutti gli strumenti a disposizione e con le sue migliori risorse, per dirla con una espressione coniata dallo stesso Falcone». E che a nessuno venga in mente di adombrare che la cattura di Messina Denaro possa essere figlia di una trattativa lunga, silente e ancora attuale tra mafia e Stato. «Non ho alcun elemento per giungere a questa conclusione e non ritengo affatto ci siano oggi pressioni tali da fare ipotizzare tutto questo. La cattura di Messina Denaro è figlia di una sofisticata azione di polizia giudiziaria condotta negli anni su tutto il territorio individuando pazientemente obiettivi sensibili. Il mio pensiero va anche a chi negli anni anche attraverso fallimenti ha creato le condizioni per lo straordinario risultato di oggi», conclude Sinisi.

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