l'intervista

Edilizia, appalti e burocrazia: «Il problema è anche negli uffici pubblici»

Carmela Formicola

L’ex calciatore brindisino Benarrivo racconta la sua odissea di imprenditore

BARI - Codice degli appalti, cambia tutto nel mondo dell'edilizia. Vediamo la situazione dal punto di vista degli imprenditori edili. I più lo conoscono per il suo - glorioso - passato di calciatore, non a caso vicecampione del mondo con l’Italia nel 1994. Ma Antonio Bennarrivo, brindisino, 54 anni, imprenditore edile, gioca oggi contro un avversario ben più insidioso: la burocrazia. «Ci conviviamo ogni giorno, è il nostro grande nemico».
Quindi voi costruttori vi aspettate molto dal nuovo Codice degli appalti?
« Per noi la burocrazia è un flagello quotidiano ma snellirla sarebbe cosa buona per tutte le aziende, in qualsiasi settore».
Snellire procedure e tempi?
«Sì, il tempo è il vero nodo. Non puoi far passare un periodo così lungo per l’approvazione definitiva di un progetto o per l’indizione di una gara d’appalto. Un delirio, soprattutto per un settore come l’edilizia, tra i fondamentali locomotori dell’economia. Di fatto siamo noi quelli più danneggiati dalla burocrazia italiana».
Un esempio? Quando ha toccato «il fondo del barile»?
«Ricordo che dovevo acquistare un piccolo suolo, per edificare, ma ero in attesa dell’approvazione del progetto. Che ovviamente non arrivava. Alla fine il tempo passò e non se ne fece più nulla. Con l’effetto di aver danneggiato sia me sia il proprietario del suolo».
Eppure tutti - amministratori, politici, presidenti di Confindustria - annunciano provvedimenti straordinari contro la burocrazia, poi però nessuno riesce ad abbattere il mostro. Come se lo spiega?
«Che non me ne vogliano i funzionari pubblici, ma il problema è anche una certa impreparazione».
Cioè? Non sanno leggere le carte?
«Non voglio offendere nessuno, ma certo uno dei problemi è negli uffici pubblici».
Quindi, contestualmente a un nuovo Codice degli appalti, bisognerebbe investire sulla formazione dei dipendenti pubblici?
«Sì, ma la formazione dovrebbe essere obbligatoria. Allo stato attuale ci sono i corsi di aggiornamento periodici, ma vengono fatti con approssimazione. La formazione dovrebbe essere invece rigorosa e continua».
Facciamo un esempio sui tempi d’attesa.
«Un’autorizzazione dovrebbe arrivare almeno entro 30 giorni, che se consideriamo i giorni lavorativi, passano almeno 40 giorni. E già è un mese e oltre che va via. I tempi dovrebbero essere 10 giorni al massimo. Per non parlare di quando i tempi per il rilascio di alcune carte si dilatano a mesi interi».
Anche quelle più semplici?
«Dipende, perché negli uffici non abbiamo solo un problema “qualitativo” ma anche, e spesso soprattutto, “quantitativo”»
Cioè manca il personale?
«Esatto. Per rispondere alla domanda se i tempi sono lunghi anche per autorizzazioni semplici faccio l’esempio della Cila (la Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata, è un titolo abilitativo necessario per ristrutturare un edificio con interventi di manutenzione straordinaria, ndr). La Cila tecnicamente si apre subito, ma se hai soltanto una persona in quell’ufficio, è naturale che devi aspettare un sacco di tempo».
Una sola persona?
«Parlo della mia città, Brindisi, 100mila abitanti. Come può un solo funzionario valutare tutte le Cila che gli arrivano sul tavolo? Dovrebbe portarsi il lavoro a casa e lavorare 24 ore al giorno, il che non è pensabile».
C’è insomma anche il tema degli organici ridotti ai minimi termini.
«Esatto. La burocrazia è fatta di mille sfaccettature».

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