L'intervista

Crosetto a Bari per la Festa delle Forze Armate: «Più risorse per la Difesa»

Michele De Feudis

«Il Continente unito è stato per 70 anni l’antidoto più forte a egoismi e nazionalismi. Poi il conflitto è riapparso a causa dell’aggressione russa»

«È una giornata particolare perché pensavamo di aver allontanato la guerra e l’idea bellica dall’Europa, di essere in un mondo che non tornava indietro, invece siamo al punto di partenza, con il conflitto a pochi chilometri da casa nostra». Il ministro della Difesa Guido Crosetto, ieri a Bari con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la celebrazione del 4 novembre giorno dell’Unità Nazionale e della giornata delle Forze Armate, spiega così alla «Gazzetta del Mezzogiorno» il significato particolare di una ricorrenza in un contesto internazionale segnato dallo scontro Ucraina-Russia nell’Est del continente.

L’atmosfera della manifestazione è stata molto intensa. Effetto del cambio di clima dal 24 febbraio scorso?

«La situazione delle relazioni globali è senza dubbio più complessa di quella che immaginavano sono 4-5 anni fa».

Che ruolo svolgono le nostre Forze Armate nello scacchiere internazionale?

«I nostri militari hanno svolto un ruolo portante partecipando a rilevanti missioni di peacekeeping, con Nato e Ue, nonché di formazione di forze armate o forze di polizia in mezzo mondo. Le nostre Forze Armate sono interpellate da questo cambiamento: il ruolo che avevamo immaginato è cambiato e cambierà ancora».

A cosa si riferisce?

«Un conto è organizzare l’attività in funzione di operazioni di pace all’estero, un conto è pensare che la guerra si può avvicinare a casa nostra. Per questo necessario ripensare i modelli previsti finora».

Ci saranno maggiori investimenti per la Difesa?

«Certamente. Lo diceva già la Nato. Pensavamo di poter fare a meno di questi ulteriori stanziamenti, ma gli ultimi avvenimenti danno forza a questa opzione. Ha ragione la Nato».

L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato maggiore, sul Corsera ipotizza che i luoghi nei quali le nostre forze armate sono operative richiedano in prospettiva più uomini…

«A determinare un incremento sono gli incarichi che svolgiamo e il compito della difesa del Paese: ci vogliono più uomini e di età minore rispetto all’attuale organico della Difesa. Va ripensato il modello e va ricostruita la capacità della Difesa di reagire prontamente in Italia e all’estero. È necessario avere persone che possano farlo, l’età non è irrilevante».

Sulla guerra in Ucraina, cosa lasciano presagire gli ultimi sviluppi?

«La lunghezza del conflitto, che rischia di protrarsi per altro tempo. L’inverno vedrà un rallentamento delle attività di terra, ma con un quadro peggiorato a causa delle attività espletate attraverso bombardamenti o missili, con obiettivi civili colpiti, infrastrutture civili ed energetiche distrutte. Si mina, in questo modo, la base psicologica dell’opinione pubblica diffusa in Ucraina».

Oltre le armi…

«Con il fermarsi degli scontri, può manifestarsi la condizione per aprire spazi di dialogo, su cui ognuno non deve perdere la speranza».

Giorgia Meloni ha sottolineato, nei discorsi alle Camere, la necessità del rilancio di un ruolo centrale dell’Italia nel Mediterraneo.

«Dobbiamo assumere una veste differente nel Mediterraneo perché siamo l’unico paese europeo completamente all’interno del Mare nostrum. Qui si giocano i nostri rapporti diplomatici, economici e politici che passano dall’approvvigionamento energetico, dai rapporti commerciali e culturali. In questi mesi abbiamo avuto modo di riscontrare il significato politico delle relazioni internazionali legate alle risorse energetiche».

In passato l’Italia possedeva in questo ambito una visione geopolitica di lungo respiro.

«Viviamo ancora i benefici virtuosi ereditati dai rapporti costruiti da Enrico Mattei, mentre resta la negatività degli effetti della guerra in Libia, in un frangente nel quale avremmo avuto bisogno di rifornimenti più consistenti di gas e petrolio da Tripoli. Dobbiamo decidere di avere una maggiore cooperazione con i paesi del Mediterraneo: sono essenziali su sicurezza, energia, economia».

Un cambio di passo rispetto all’Italia in ritirata nelle relazioni con i paesi Nord-Africani o africani?

«Certo, dobbiamo avere una postura più importante nel Mediterraneo, essere leader di una parte del mondo».

Tra Italia e Ue si è consolidata una piena sintonia dopo il viaggio a Bruxelles del premier Meloni?

«Ho incontrato Giorgia Meloni stamattina (ieri, ndr) all’Altare della Patria. Il viaggio europeo ho capito che è andato molto bene. C’è stato un dialogo molto franco e una sintonia umana positiva con tutti gli interlocutori, nessuno escluso. Il premier era contento».

Le critiche da sinistra sulla debolezza internazionale dell’esecutivo?

«Sono infondate. Il nostro presidente del Consiglio è stata accolta con rispetto, perché l’Italia e lei meritano rispetto. E la Meloni si è posta negli incontri istituzionali con pari rispetto e disponibilità alla collaborazione».

Una divagazione finale. Il suo rapporto con la Puglia è consolidato. A quando risale?

«Il mio primo viaggio qui l’ho fatto 35 anni fa, a Tricase a casa di un amico dei tempi universitari. Ora ho mia moglie pugliese, da 18 anni passo le vacanze in questa bellissima terra, ammirandone in pieno la bellezza».

Ne parla come un potenziale testimonial…

«Sono il primo sponsor non solo per motivi culinari. Anzi, su questo fronte il governatore Michele Emiliano mi prendeva in giro perché adoro la focaccia. Gli ho risposto che amo anche le frise di Ostuni, i formaggi e l’olio. E non dimentico i marrettini (gli gnummeriddi, ndr)….».

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