L'intervista

«Ho scelto io i 13 osservatori italiani. Ora temo le sanzioni dell’Europa»

Marisa Ingrosso

Parla il pugliese Grittani che si dice ambasciatore di un Paese non riconosciuto

«Ho fatto io la lista degli osservatori italiani ai referendum, ma non credo che dopo l'annessione i russi useranno l'atomica, non ci credo, non ci voglio credere». Il pugliese Vito Grittani è l'uomo che ha selezionato, contattato, nonché accompagnato condividendone i compiti, il gruppo di italiani che si sono prestati a fare da “osservatori” del referendum-farsa nelle regioni ucraine di Kherson, Lugansk, Donetsk e Zaporizhzhia. Originario di Capurso, in provincia di Bari, si dichiara ambasciatore dell'Abcasia, un Paese filorusso e Stato “de facto”. Assieme agli altri connazionali, Grittani potrebbe essere esposto alla ritorsione dell'Unione europea, a sanzioni individuali. Risponde alla «Gazzetta» in collegamento via WhatsApp.

«Sono a cena in un locale, a Mosca».

Da Capurso in Ucraina, ma come ci è finito lì a fare il coordinatore degli “osservatori” italiani?

«Macché».

Guardi che l'ha detto Graziarosa Villani all'Adnkronos.

«Non date retta a quello che scrivono gli altri. Non ho coordinato niente. È una vita che faccio diplomazia. Come un mese fa siamo stati a Donetsk, nel Donbass nel carcere per visitare i detenuti dell’acciaieria e un anno fa, settembre 2021, siamo stati alle elezioni della Duma».

Sì ma come è finito ora in Ucraina? Gliel'ha chiesto Mosca?

«Mi occupo di diplomazia da 30 anni e sono ambasciatore delle Repubblica di Abcasia. No, non Mosca. Mi ha chiamato Donetsk e Lugansk, dai centri elettorali, e mi hanno chiesto di organizzare un gruppo di persone perbene e io ho scelto, nella mia lista di amici e ho chiesto a tanti giornalisti a Bari ma molti non potevano anche perché c’erano le votazioni il 25 o per paura».

Chi l'ha chiamata da Donetsk e Lugansk?

«Le varie commissioni elettorali. Essendo il mio già un nome noto, mi hanno chiamato. Se vuole le mando le lettere».

Sì, volentieri. Ma chi ha pagato?

«Siamo ospiti delle due Repubbliche».

E i referendum secondo lei erano corretti?

«Sì, sì. Noi così detti osservatori ci siamo riuniti e abbiamo scritto quello che abbiamo notato. Guardi che sono 123 gli osservatori da 45 Paesi e che hanno ricevuto un formulario in cui ci chiedevano “cosa avete visto?”. Uno dei miei ha anche dichiarato che, secondo lui, potevano aspettare per fare i referendum. Questo per dire la libertà del pensiero».

E lei cosa ha scritto? Cosa ha visto?

«Per esempio, per quanto riguarda i disabili, i Comuni hanno una lista. E non è come da noi che i disabili vanno al Comune con l’accompagnatore e fanno domanda per poter votare in un certo modo. Lì, invece, vanno a casa dei disabili a farli votare. Da noi devono fare una richiesta. Non ho visto mitra. C’era il poliziotto, come nei nostri seggi. Io non ho visto niente che non andava e il mio gruppo neanche».

Lei ha detto all'agenzia di stampa russa Ria Novosti che c'era gente che votava fuori dai seggi. Votavano davanti a tutti e per lei era regolare?

«Hanno fatto questo per sicurezza, quando venivano attaccati dalla parte contraria. Ci hanno detto “stiamo fuori quando c'è un attacco”. Escono e poi il seggio rientra dentro. Uno o due erano fuori».

Secondo lei stare in strada durante un attacco è più sicuro che stare in un edificio?

«Secondo loro sì».

E questo dove accadeva?

«In un paesino fuori Donetsk ad Ambro... Ambrosiel, poi le mando un messaggio col nome esatto. Non siamo osservatori terzi, non siamo dell’Osce. E noi non rappresentiamo l’Italia, noi rappresentiamo noi stessi».

Lei lo sa che ora ci sarà la dichiarazione di annessione alla Russia?

«Domani (oggi per chi legge; ndr) ci sarà il decreto».

Una volta che diventano Russia questi pezzi di Ucraina, lei lo sa che se gli ucraini attaccano, Mosca risponderà anche con le armi nucleari?

«Lo dice Putin? Non l’ho sentito. Io penso di no, sono pacifici. Non ci credo».

Eppure l'hanno detto. L'ha detto anche l'ex presidente della Federazione, Dmitry Medvedev.

«Non credo lo faranno».

Stanno bleffando?

«Secondo me sono persone intelligenti e penseranno bene a fare un atto così grave, non ci credo conoscendoli».

Lei conosce Putin?

«No, conoscendo i russi».

Lei ha creduto agli americani quando dissero che la Russia stava per invadere l’Ucraina?

«Ma non è vero che l'hanno invasa».

A no?

«Ma quale invadere, loro erano cittadini che volevano la libertà. Era normale che lo facessero, o no? Anche il Papa ha detto non si doveva provocare»>.

Non la penso come lei. A proposito, lei quando torna in Italia?

«Non lo so. Anche perché gira voce di mandati di cattura. Contro di tutti, contro di me. Per quali reati? Che reati abbiamo fatto?».

Cioè lei si sente in pace con la coscienza?

«Io non ho fatto nulla di male. Il mio gruppo è a postissimo».

Secondo lei quindi è giusto fare questo referendum ora?

«È il popolo che l’ha voluto. Ora dicono che dobbiamo essere sanzionati, che non possiamo più viaggiare nella Ue. Cosa ne pensa?».

Io? Che questo referendum è una carognata.

«Rispetto la sua posizione. Ogni opinione è libera. Per le minacce russe della bomba atomica io credo che sono persone capaci di ragionare. Io lo spero. Non ci voglio credere. Il referendum è il popolo che lo vuole. Anche la Crimea ha scelto... Mo' mi devono fare martire».

Non se lo aspettava?

«No, ma non voglio calunnie».

Nessuna calunnia. Però si sta prestando a un gioco molto, molto, grande, se ne rende conto?

«Guardi che io non sono entrato come cittadino italiano nella Federazione russa. Sono entrato con la cittadinanza che possiedo da tanti anni. Cosa volete da me? Io non ho nemmeno il visto di entrata. Io dal 2017 non entro più in Russia col passaporto italiano. Tutti gli altri hanno avuto il regolare visto».

Il signor Grittani non ha mai mandato la copia delle lettere di invito da Lugansk e Donetsk.

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