L'intervista

«Nessuna agenda Draghi ma verde, diritti e giustizia»

Michele De Feudis

Fratoianni (Si): «Mai insultato Calenda. Ho solo posto temi politici»

Nicola Fratoianni, segretario nazionale e deputato di Sinistra Italiana, il “campo largo”, con il passo indietro di Carlo Calenda, può diventare un “campo progressista”, magari come in Francia?

«Non credo sia utile tentare di riprodurre modelli che vivono di storie e condizioni sociali diverse. Si va ad una campagna elettorale contro una destra estrema e per quello che riguarda la sinistra, saremo impegnati per un paese più giusto, più verde, più libero, nel quale il lavoro sia al centro con i suoi diritti. Di questo vogliono sentire parlare gli italiani che vivono in difficoltà e fragilità».

La notizia però è la rottura del patto tra Azione e Pd. Cosa è successo?

«Bisogna chiederlo a lui. In queste settimane ho avuto un profilo di sobrietà, non l’ho mai insultato, ne ho posto veti. Ho discusso di questioni politiche».

E sono emerse le dissonanze.

«Noi siamo per l’alleanza più vasta per sconfiggere una destra che si presenta con proposte pericolose. Il monito del costituzionalista  Gustavo  Zagrebelsky  è netto,  siamo di fronte a una scelta: da un lato c’è chi propone il modello autoritario   ungherese di Orban e dall’altro chi difende una democrazia complessa, che rispetta le differenze. Adesso dopo l’accordo con il Pd ed Enrico Letta, esiste solo la campagna elettorale per il bene del Paese».

Il patto tra Verdi-Si e Pd, secondo qualcuno, nasce dalle affinità territoriali che la uniscono a Letta, essendo entrambi pisani…

«Non scherziamo…».

A cosa si riferisce?

«Enrico è milanista, io interista».

Però avete trovato subito la quadra.

«C’è un rapporto di grande rispetto. Letta ha fatto un lavoro paziente e faticoso per costruire una coalizione ampia. Ci sono cose su cui abbiamo convergenze e cose su cui abbiamo differenze. Su questo non ci nascondiamo. La più evidente è quella che riguarda il giudizio sul governo Draghi».

Rimanendo nell’ambito delle radici, lei è da sempre considerato “pugliese d’adozione”. Chi può escludere che si possa riaccendere il dialogo con il dauno Giuseppe Conte?

«Continuo a pensare che di fronte ad una destra così radicale, occorre il massimo della convergenza. Ma noi siamo dove eravamo ieri, fermi ad una intesa elettorale. E ci prepariamo alla campagna».

Perché l’agenda Draghi non unisce?

«Intanto non c’è questa agenda, lo ha detto il premier stesso».

Tanti la evocano.

«Non credo sia possibile considerare il draghismo la piattaforma del futuro e nemmeno di una campagna elettorale». 

La stronca dunque.

«Non voglio banalizzare, ma sostengo che l’agenda di un governo di larghe intese, costruita nella mediazione continua con la destra italiana, di fronte ad una campagna contro una coalizione di estrema destra, non può essere la base programmatica del futuro. Non è una posizione ideologica. Non parliamo di fare nessuna abiura sul governo Draghi, né a chi lo appoggiava e né a chi lo contestava. Noi abbiamo l’obiettivo di fermare una destra xenofoba».

Si riferisce alla coalizione di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi?

«Immaginano un rapporto con un mondo allo schianto sul piano ecologico, vogliono investire sul fossile. Sono la destra degli amici di Trump. Avete sentito la battuta del tycoon Usa che vuol tornare: ha detto che se si innalza il livello degli oceani, “avremo solo più case con vista mare”».

L’accordo con Letta come si materializza?

«Offriamo agli italiani una proposta diversa per contrastarli, e con questa legge elettorale si possono fare solo due cose: mettere insieme le forze progressiste nei collegi uninominali e avere massima libertà nel proporzionale perché ogni lista sviluppi il suo programma».

L’identità della sinistra tradizionale più la forza dell’ecologismo.

«Siamo per la giustizia sociale ambientale, e vediamo al centro gli uomini, le donne i lavoratori sfruttati da tutelare».

Sulla politica estera?

«Sull’Ucraina siamo pacifisti. Il pacifismo non è solo una ispirazione dell’anima, ma considera l’opzione diplomatica unica soluzione».

Sul conflitto?

«Sono dalla parte delle vittime, condanno l’aggressione russa, ma l’escalation delle armi produce solo ulteriori lutti e una guerra infinita. La corsa agli armamenti è un errore». 

Sulle politiche ambientali con il Pd ogni tanto ci sono scintille.

«Su questo con i dem ci sono più elementi di convergenza. Noi abbiamo urgenza di lavorare su una legge sul clima, di dire basta al consumo di suolo».

Per Piombino?

«Resto contrario, perché ci sono modi, luoghi e forme su cone fare concessioni. Mettere una nave-rigassificatore di 300 metri nel porto di Piombino configura un’opera ad alto rischio di incidente rilevante. Discutiamone: a Ravenna la installano a 8 chiloemtri dalla costa».

Sarà candido nell’uninominale?

«Di fronte ai veti, ho risposto che non ho problemi. Il no di Calenda resta. Mi sono fatto eleggere sempre nel proporzionale. Il nodo non è il mio posto».

Avrà un posto nei listini pugliesi?

«La Puglia è una mia seconda casa. Decideremo con i compagni della nostra lista».

Che farà Nichi Vendola?

«C’è sempre. Sarà un punto di riferimento in questa difficile campagna elettorale. Quando si condivide una vita tra gioie e successi e sconfitte si consolida un rapporto che nei momenti difficili non manca mai…».

Consiglierebbe la visione di un film di Ken Loach a Carlo Calenda?

«Nella vita c’è sempre troppo da imparare per dispensare consigli».

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