L'intervista

«Putin è un restauratore della potenza russa Sanzioni? C’è molta resistenza nella finanza»

Michele De Feudis

Parla l'ambasciatore Sergio Romano, autore de Il suicidio dell'Urss

Ambasciatore Sergio Romano, i russi in Ucraina segnano la sconfitta della diplomazia. Quando ha colto la possibile rottura delle relazioni e l’attuale escalation?

«Notando che si volesse favorire l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e che nulla succedeva contro questa prospettiva. Eppure è apparso chiaro che la Russia non avrebbe accettato questa svolta. Ed effettivamente e accaduto così. La brutalità degli avvenimenti di questi giorni dipende da altre circostanze e dalle sanzioni».

Le restrizioni hanno avuto un doppio risvolto politico ed economico per Mosca?
«Abbiamo applicato sanzioni contro la Russia. La Federazione guidata da Putin si è sentita presa di mira in un punto debole: l’economia».

Che cosa muove Putin in una invasione che ha reso compatto il fronte dell’Occidente?
«Ne ho scritto la biografia [Putin, Longanesi] anni fa, giungendo alla conclusione che già allora Putin era un restauratore della potenza russa, dell’influenza che la Russia ha avuto nel corso della sua storia, anche durante l’epoca sovietica».

E oggi come lo definisce?
«Un patriota, un nazionalista, non certo molto sottile nel suo modo di agire. In un certo senso, poi, se ci si mette al suo posto, per la Russia l’Ucraina non è mai stata un paese straniero».

Lei è stato ambasciatore d’Italia a Mosca.
«E in quel periodo andavo spesso in Ucraina. C’era stata la tragedia di Chernobyl… Ho sempre trovato un popolo che apparteneva alla stessa storia russa, con un forte sentimento autonomista. Lì volevano essere ucraini, ma non potevano sciogliere il nodo con la Russia».

In Ucraina occidentale c’è un sentimento antirusso che risale ai tempi dell’Urss, con la partecipazione nella seconda guerra mondiale alle milizie filotedesche…
«Il paese è tutto fuorché omogeneo e alcune sue parti hanno avuto storie diverse. La regione di Chernobyl ha avuto reazioni forti, come nel passato per la grande carestia Holodomor. Allora l’Ucraina era stata fortemente penalizzata e il sentimento aveva nette connotazioni antirusse».

Ci sono affinità anche con la complessa unità d’Italia.
«Quando c’era l’Impero austroungarico, c’erano pezzi di territori, come Veneto e Lombardia, che non potevano avere certo un rapporto non affettivo con l’Impero, ma allo stesso tempo coltivavano la loro nazionalità».

Biden poteva fare di più per evitare il conflitto?
«Esito a dare risposte. Non ho ancora capito di che cosa sia veramente capace. Mi sembra un uomo piuttosto debole».

La Nato a est. Der Spiegel ha pubblicato atti secretati sulle assicurazioni ai russi per congelarne l’allargamento. Un’Ucraina “neutrale” è ancora possibile?
«Ma adesso si parla anche dell’ingresso dei Paesi scandinavi nell’Alleanza atlantica… Ho una opinione della Nato diversa. Non quella giusta. necessariamente».

Quale?
«È una organizzazione della guerra fredda, che aveva un obiettivo condiviso da tutti i suoi membri: arginare l’estensione del potere sovietico in Europa. Eravamo tutti membri, anche quelli non capziosamente anti-Urss. Quella stagione è finita. E mi domando: davvero necessario che la Nato continui a esistere?»

Relazioni Italia-Russia. Il ministro Lavrov è parso attendersi maggiore attenzione da Roma in queste giornate convulse…
«Ritengo che Lavrov sia abbastanza realista da sapere ciò che non è realizzabile. Sapeva quindi che l’Italia sarebbe stata molto imbarazzata».

Le sanzioni contro Mosca potrebbero danneggiare più l’Italia che la Russia?
«C’è molta incertezza. Vedo molta riluttanza all’interno del mondo finanziario sulle sanzioni su Swift».

Il suo ultimo libro si intitola Il suicidio dell’Urss (Teti Editore).
«È una raccolta di articoli apparsi in riviste e giornali nel corso degli anni, un’antologia sul declino dell’Urss. Il giorno in cui è morta, nel 1991, ero a Mosca».

Perché crollò?
«In quel momento si stava ritoccando la sua costituzione. C’erano Gorbaciov e Eltsin. A un certo punto, tra le misure di riforma della costituzione, Eltsin introdusse la clausola secondo cui il capo dello stato avrebbe avuto i poteri esecutivi. Trasformava il paese in una repubblica presidenziale, mentre prima era una confederazione. Questo passaggio significava distruggere l’Urss e impedirle di esistere come era stata fino ad allora. Lì saltò il paese…».

La diplomazia può tornare in campo?
«La diplomazia funziona quando i contendenti hanno deciso di non litigare all’infinito. Solo allora può lavorare».

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