I libri

Eliade e il mito, reintegrazione nel tempo sacro

Dorella Cianci

Perché da sempre festeggiamo il Natale girando intorno ad alcuni punti fissi, eternamente uguali?

Perché da sempre festeggiamo il Natale girando intorno ad alcuni punti fissi, eternamente uguali? E perché, da sempre, citiamo, all’origine di tutto, Adamo ed Eva, il male incarnato da Mefistofele e la fecondità, cosmica ed eterna, della Grande Madre? E perché, spesso, le dee orientali (ma non solo) hanno un fuso in mano, in maniera costante, come per indicare l’atto di filare la vita stessa degli uomini? Da che cosa dipendono così tante ripetizioni? Frutto del caso? Sintomo di poca creatività della Storia oppure un destino unico, che accomuna i diversi tempi?

Veniamo così a un grandissimo autore, ripubblicato brillantemente da Jaca Book. Mircea Eliade (nato a Bucarest nel 1907) è uno dei più importanti studiosi del mito e della religione del XX secolo. La sua concezione di mito si basa su una visione universalistica, che vede il mito come elemento fondamentale per comprendere l’esperienza umana del sacro. Uno dei concetti centrali del suo pensiero è quello della “reintegrazione”, strettamente legato al ruolo della ritualità nella cultura umana.

Eliade sostiene che il mito non sia semplicemente una narrazione fantastica o un’invenzione a cui aggrapparci da bambini, ma sostiene che rappresenti un complesso modello archetipico, che racconta eventi primordiali, accaduti in un lontano “tempo sacro” fuori dalla Storia ordinaria e profana. Questi eventi, sintetizzati dalla mitologia, sono considerati paradigmatici per la realtà e per l’esperienza umana. In altre parole, il mito ci riporta alle origini, in un momento di pienezza e di perfezione, che l’uomo cerca di riprodurre – forse sempre invano - nella propria vita, volgendosi verso il “tempo sacro”.

La “reintegrazione”, nel pensiero di Eliade, è l’idea fondativa del ritorno alla nostra origine come mezzo per superare la frammentazione e il caos del banale tempo quotidiano. Secondo lo studioso, il tempo storico e lineare, vissuto come sequenza di eventi mondani, è percepito dall’uomo religioso come limitato e insoddisfacente. Al contrario, il mito (e i riti associati) consentono all’uomo, nella sua più completa umanità, di accedere a un “tempo sacro” ciclico e rigenerativo. Questa reintegrazione avviene attraverso i cosiddetti “riti di rigenerazione e di ripetizione”.

Una grandezza e una profondità di pensiero, quella di Eliade, che si pone fisiologicamente accanto a un pezzo di Est, straordinario e irripetibile: pensiamo alla Romania di Paul Celan e di Bejamin Fondane, di Cioran e di Eliade, di Nina Cassian e di Ionesco, di Brancusi e di Ion Barbu. Che cosa accomuna tutti questi filosofi e scrittori se non quell’enorme buco nero proveniente da Est, dove, pur aspirando al tutto, si vede il niente nel tempo attuale (spesso arrivando a esiti estremi nella vita privata, come accadde a Celan)? Ed è da questo presunto niente che inizia l’ansia di risalita di Eliade, sempre alla ricerca di un modello primordiale e perfetto, che non serva a “saziare”, ma a “motivare”. Tuttavia le critiche, anche feroci, alle sue teorie non sono mancate: è stato accusato di adottare un approccio essenzialista nei suoi studi religiosi, riducendo le religioni a credenze. Non solo.

Alcuni hanno intravisto in questa nostalgia per il sacro un modo per trascurare le dinamiche storiche e sociali contemporanee. E che dire dell’avversione di Eliade per l’ateismo? Spesso è stata letta come una idea parziale e influenzata da pregiudizi personali. Eppure… Basta sfogliare quelle pagine per restare affascinati da una concezione dell’universale, che, nella frammentazione odierna, manca completamente, togliendo ogni aspirazione al conforto comune. Chi lo vide come eternamente intrappolato nelle religioni, evidentemente non comprese di Mircea Eliade la sua lucida analisi, che – a partire dall’esperienza personale – ha rivelato la necessità, per ognuno, dell’esperienza religiosa come tappa umana ineludibile. Avendo fra le mani i suoi testi, non si può non fare comparazioni con Jung, Durkheim, Clifford Geertz e Joseph Campbell: pur nella loro diversità, questi studiosi hanno contribuito a un dibattito ampio per la comprensione del fenomeno religioso e spirituale.

Privacy Policy Cookie Policy