inchiesta si allarga a Ferrara
Insegnante pugliese indagato «Legami con terrorista di Foggia»
BARI - Dopo l’arresto di ieri a Foggia del 'bad teacher' accusato di fare propaganda per l’Isis e di indottrinare al martirio i bambini durante l’ora di religione, oggi l’attenzione degli inquirenti della Dda di Bari si concentra su un altro sospetto, un italiano 50enne convertito all’Islam, originario di Foggia e residente a Ferrara. E' imparentato con la moglie del 59enne egiziano Abdel Rahman, arrestato ieri e presidente dell’associazione culturale islamica 'Al Dawà la cui sede è stata posta sotto sequestro a Foggia perché usata come base per le attività sospettate di propaganda jihadista.
«Il nemico ce l’abbiamo più vicino di quanto pensiamo, all’interno di comunità che interagiscono con i bambini. È lì che bisogna intervenire», avevano detto ieri a Bari gli investigatori dell’antiterrorismo commentando l’arresto. Ed effettivamente anche il sospetto italiano su cui indaga la Dda è un altro insegnante, un altro possibile «bad teacher», come è stata ribattezzata l’operazione. Si tratta di un docente foggiano 50enne, che da anni vive a Ferrara. Nella città emiliana l’uomo, sposato con figli e convertito anni fa all’islam, insegna in un istituto comprensivo a bambini di età compresa fra i 6 e i 12 anni. È imparentato con la moglie dell’egiziano di Foggia, la 79enne Vincenza Barbarossa, anche lei coinvolta nella indagine per reati fiscali. È proprio questo il collegamento con l’inchiesta della magistratura barese. I contatti con l’associazione «Al Dawa» di Foggia, le frequentazioni della sede quando tornava in Puglia, i messaggi via Facebook, Whatsapp e Twitter con il 59enne egiziano, hanno insospettito gli inquirenti.
Contestualmente all’arresto di Abdel Rahman, gli uomini della Digos hanno eseguito anche una perquisizione domiciliare a Ferrara, a casa del docente, anche lui indagato per il reato di apologia di terrorismo aggravato dall’uso di mezzi informatici. Durante la perquisizione domiciliare sono stati sequestrati supporti informatici e materiali attualmente al vaglio degli inquirenti, i quali dovranno verificare l’eventuale presenza di documenti di propaganda jihadista, come quelli di cui è stato trovato in possesso il parente egiziano. In chat e sui social network l’egiziano condivideva, per esempio, video e immagini di pubbliche esecuzioni di cristiani da parte di miliziani del Daesh, o testi in cui inneggiava al martirio. «La morte per noi è un orgoglio - recita uno di questi - quindi non sarai morto, ma sarai immortale. Pronti ad essere martiri, orgogliosi di essere martiri. Se arriva la morte siamo pronti. Alzatevi verso l'immortalità, nell’universo sorgerà un altro sole e un altro mondo».