1,6 milioni di euro
Bari, i soldi dei cacciatori per acquistare titoli spazzatura
L’avviso di conclusione delle indagini notificato a 12 persone, tra cui l’ex presidente Mattia Mincuzzi, 68 anni, un ex consigliere regionale nominato alla guida dell’Atc ai tempi di Francesco Schittulli
MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - I finanzieri l'hanno battezzata operazione «Caccia grossa». Ma forse avrebbero potuto chiamarla anche «Quo vado?», dal titolo del film di Checco Zalone: perché l’indagine chiusa alcuni giorni fa dalla Procura di Bari riguarda proprio l’ufficio caccia della ex Provincia, quello dove il protagonista del film timbra le licenze. La storia insomma fa ridere, ma le accuse sono molto serie. Gli uomini del Nucleo di polizia tributaria hanno infatti scoperto che nell’Atc, l’Ambito territoriale caccia di Bari, i soldi delle licenze venivano usati per comprare un milione e seicentomila euro di obbligazioni da Veneto Banca. Titoli che potevano diventare carta straccia.
L’avviso di conclusione delle indagini firmato dal pm Gaetano de Bari è stato notificato a 12 persone, tra cui l’ex presidente Mattia Mincuzzi, 68 anni, un ex consigliere regionale che era stato nominato alla guida dell’Atc ai tempi di Francesco Schittulli. Insieme a lui sono accusati di malversazione ai danni dello Stato anche l’ex tesoriere Vincenzo Artal e due funzionari, Stefano Deiure e Giovanni Ferrara: secondo le indagini, nate a seguito di un esposto, a settembre 2011 Mincuzzi avrebbe acquistato obbligazioni ordinarie di Veneto Banca utilizzando parte del «fondo di dotazione» dell’Atc, che viene alimentato dalle quote versate dai cacciatori (42 euro l’anno) e dovrebbe servire al ripopolamento delle zone di caccia. Invece i soldi sono stati utilizzati per comprare 1.600 obbligazioni ordinarie di tipo «step up» (con interesse crescente) e scadenza nel 2016 da Veneto Banca, uno degli istituti appena salvati dallo Stato. A mettere una pezzaci ha pensato, nel 2015, il commissario dell’Atc nominato da Antonio Decaro, il professor Antonio Camarda, che ha disdetto l’investimento e ha spostato i soldi su un conto delle Poste: oggi il valore è pari a circa 1,9 milioni.
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