IL caso della DOP

Guerra delle mozzarelle «La Campania ha torto»

Da Gioia del Colle le ragione del riconoscimento del marchio al latticino e la replica a chi sostiene possa confondersi con la mozzarela di bufala

ORIETTA LIMITONE

Sembrava quasi fatta e invece i problemi cominciano prima ancora di arrivare in Commissione europea. L’associazione pugliese «Treccia della Murgia», dopo anni di lavoro e concertazione con i diversi attori della filiera, chiede al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali la denominazione di origine protetta per la «Mozzarella di Gioia del Colle» allegando un disciplinare che ne dà una precisa e dettagliata descrizione. La «Mozzarella di Gioia del Colle», si legge, è «un formaggio fresco a pasta filata, ottenuto da solo latte intero crudo di vacca, eventualmente termizzato o pastorizzato, ed è caratterizzato da una tecnologia di produzione basata sull’impiego di siero-innesto autoctono… si presenta con una superficie liscia o lievemente fibrosa, lucente, non viscida, né scagliata. L’aspetto esterno è di colore bianco, con eventuali sfumature stagionali di colore paglierino».

Il 28 agosto la Gazzetta Ufficiale pubblica la «proposta di riconoscimento della DOP» alla quale, acquisito il parere della Regione Puglia, il ministero dà parere favorevole. E scoppia la polemica. A muovere severe critiche sono i campani che temono si confonda la mozzarella di bufala, eccellenza del loro territorio e già marchiata DOP, con il prodotto che si candida ad avere la propria denominazione di origine protetta con un nome che non precisa la tipologia di latte utilizzato nella produzione, il vaccino, essenziale elemento distintivo che eviterebbe ogni sovrapposizione. La procedura di autorizzazione, che si conclude con l’approvazione della Commissione Europea, prevede «eventuali opposizioni, adeguatamente motivate» da far pervenire al Ministero entro e non oltre trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della proposta soltanto da coloro che hanno un interesse legittimo, risiedono in Italia e sono capaci di dimostrare, tra l’altro, che «la registrazione del nome proposto danneggia l’esistenza di un nome omonimo o parzialmente omonimo».

Il lungo cammino intrapreso dall’associazione, assistita dal Gruppo Azione Locale «Trulli e Barsento», farebbe sì che non solo i trasformatori di Gioia del Colle, alla quale si è riconosciuto il merito di aver fatto nascere il prodotto e di averlo fatto conoscere in tutto il mondo, ma anche quelli di altri comuni del barese (Acquaviva, Alberobello, Altamura, Casamassima, Cassano, Castellana Grotte, Conversano, Gravina, Locorotondo, Monopoli, Noci, Putignano, Sammichele, Santeramo, Turi) e del tarantino (Castellaneta, Crispiano, Laterza, Martina Franca, Massafra, Mottola) possano aderire al Consorzio.
Cosa succederà adesso? «Quella dei campani mi pare una posizione assolutamente infondata – osserva l’onorevole Enzo Lavarra –. Per definizione il riconoscimento di una DOP si fonda sull’unicità della materia prima e della tecnica produttiva, e non v’è dubbio che la mozzarella di Gioia del Colle sia unica per la materia prima (il latte vaccino), per la tecnica produttiva (a siero-innesto), e per la documentata storia commerciale. Quanto agli argomenti della protesta campana, siamo in attesa di un’eventuale procedura di opposizione. Il loro è un annuncio, per questo bisogna replicare prima con l’argomento di sostanza. A me non risulta che ci sia una procedura formale di opposizione. Se la avanzeranno, vedremo gli argomenti addotti e questi saranno valutati dall’ufficio ministeriale che ha fatto l’audizione pubblica generale senza registrare, peraltro, alcuna contestazione. Comunque sia, l’eventuale procedura di opposizione sarà valutata nel merito dall’Ufficio ministeriale e dalla Regione Puglia».

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