Operazione tra Bari, Foggia e Milano

Progettavano assalto portavalori tra Bari e Foggia: 7 fermi della Polizia

MILANO - La banda era quasi pronta, da mesi studiava meticolosamente per il colpo milionario al portavalori che avrebbe percorso la A14 Bari-Foggia. Avrebbero bloccato il furgone di una ditta di Bari diretto al Nord con un carico di gioielli d’epoca da esposizione e oro 24 carati. Avevano due auto, armi da guerra, bande chiodate artigianali e un flessibile per tagliare la fiancata. Una rapina simile per modalità e bottino a quella messa a segno il 15 ottobre 2016 sulla strada provinciale 46 Rho-Monza. E proprio da questo colpo sono partiti gli investigatori della Squadra mobile di Milano, che lunedì notte assieme ai colleghi di Bari e Foggia (coordinati dal Servizio Centrale) hanno eseguito il fermo di 7 persone ritenute membri di un’organizzazione dedita a questo tipo di assalti.

Al vertici erano tre uomini che gestivano gruppi di diverse province: Giancarlo D’Abramo, di 40 anni, a Cerignola; Francesco Mavellia, di 42, a San Ferdinando di Puglia; Catello Lista, di 41, a Manfredonia. In manette anche Raffaele Dassisti, di 27 anni, Mino Ricco, di 28, Ferdinando Lovecchio, di 28 (tutti e tre di San Ferdinando), Lorenzo Granatiero, di 33 anni, di Manfredonia e unico incensurato.

La mente sarebbe D’Abramo, arrestato 10 anni fa per una rapina in banca a Milano. Lui, così come gli altri vertici, non hanno precedenti per assalti a portavalori pur essendo considerati degli esperti del settore.

«Il loro spessore criminale è indubbio - ha detto Luca Izzo, dirigente della sezione antirapine della Mobile milanese -. Mavellia ha un precedente per tentato omicidio. L’organizzazione seguiva precisi ordini e piani di lavoro. Ogni giorno uscivano alle 9 del mattino e tornavano alle 23 avendo percorso almeno 6-700 chilometri. Immaginate la fatica investigativa di dover stare dietro ai sospetti. Basti pensare che in un solo mese abbiamo percorso oltre 10mila chilometri per i pedinamenti».

Il blitz è scattato alle 3:30 di lunedì mattina. Sequestrati un centinaio di cellulari, alcuni mezzi che sarebbero stati usati per il colpo, 100 proiettili, una pistola nascosta nel case di un computer e bande chiodate fatte in casa. Nessuna traccia, invece, delle armi da guerra di cui parlavano nelle loro conversazioni. Uno di loro fa l’elenco delle armi che avrebbero dovuto usare: «Due di quelli per i cinghiali (i Kalashnikov, ndr), uno normale (un fucile a pompa, ndr), e una piccola (una pistola, ndr)». L’altro risponde che «sono poche» e assieme all’interlocutore fa il riepilogo: «Calcola altre due e sono sei piccole e abbiamo tre piccole. Sei in tutto».

«Erano molto attenti alle parole - ha continuato Izzo - Per questo gli incontri avvenivano sempre di persona all’interno di un ufficio per pratiche auto, una copertura, che si trovava all’interno di una zona sorvegliata e piena di telecamere. Un posto quasi irraggiungibile per gli investigatori. D’Abramo aveva un cellulare per ogni numero di telefono, una sorta di citofono. Abbiamo accertato due prove generali in autostrada, due mercoledì di seguito».

Secondo gli investigatori pugliesi, infatti, l’assalto sarebbe avvenuto mercoledì prossimo attorno alle 15.30 all’altezza di Canne della Battaglia. Il colpo avrebbe avuto lo stesso copione di quello di Bollate, che resta ancora senza autori.

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