L'interdittiva antimafia
Rifiuti, su Camassaambiente indagano due Procure
La società ha già ottenuto una sospensiva dal tar: E su assunzioni di maalvitosi: ereditati da vecchie ditte
MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI -I pericoli di infiltrazioni criminali all’interno della gestione del ciclo dei rifiuti, e - in generale - il sistema delle gare d’appalto per la raccolta, sono da tempo nel mirino della Procura di Bari. E anche sul caso della Camassambiente di Bari l’attenzione è molto alta: l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura poco prima di Natale è stata infatti trasmessa ai magistrati per la verifica di eventuali reati.
Non è la prima volta che un provvedimento amministrativo fa scattare una inchiesta giudiziaria. È accaduto con la delibera del commissario Anticorruzione, Raffaele Cantone, sul «vizio» dei Comuni pugliesi di prorogare gli affidamenti dei servizi senza gare d’appalto. È accaduto per la Avvenire di Gioia del Colle, sospettata di rapporti con i clan calabresi, oggi fallita. E adesso tocca alla società barese Camassa, che ha interessi forti in Puglia e in Calabria dove gli appalti dei rifiuti nella Piana (Rosarno, San Ferdinando, Cinquefrondi) erano già finiti tangenzialmente in una inchiesta antimafia della Procura di Reggio.
In Calabria sono nel mirino i rapporti con un ingegnere, Salvatore Aiello, ritenuto referente dei clan e oggi collaboratore di giustizia. In Puglia, e in particolare tra Bisceglie e Noicattaro, il nodo sono le assunzioni di pregiudicati o imputati per reati gravi. «Assunzioni che - si è difesa l’azienda davanti al Tar, dove ha ottenuto la sospensione della revoca del’appalto di Bisceglie - rinvengono dai vecchi gestori dei servizi, e che erano obbligate».
Il caso riguarda Valenzano e Noicattaro (dove tra i dipendenti ci sono anche parenti del boss Savino Parisi). Ma a Bisceglie la situazione è ancora esplosiva. E non solo perché, secondo la Prefettura di Bari, tra i dipendenti di Camassa figurano ad esempio tre degli indagati per il tentato omicidio del bodyguard Savino Caccavo di agosto 2016 (Giosuè Caterino, Nicola De Vincenzo e Mauro Leuci), o tre degli arrestati per l’operazione Gran Bazar (droga e armi) ritenuti «contigui al clan Capriati di Bari». «Alcuni di questi - si è difesa l’azienda - avevano contratti a tempo determinato ed erano stati segnalati dai servizi sociali del Comune».
Ma a quanto pare tra i dipendenti della Camassa figurerebbe anche un consigliere comunale e numerosi parenti di politici locali. E, inoltre, alcuni dei dipendenti dell’azienda finiti nell’informativa per vicinanza alla criminalità (e loro parenti) hanno tentato l’iscrizione al Pd a inizio 2016, quando il sindaco Francesco Spina mise in atto la sua «scalata» al partito locale: almeno uno dei nomi citati prima ha tentato l’iscrizione on-line al partito ma non ha poi ritirato la tessera.
I rifiuti si confermano dunque il ventre molle di molte amministrazioni locali pugliesi. Per una vicenda di rifiuti finì nei guai l’ex sindaco di Brindisi, Mimmo Consales. Anche di rifiuti si sta occupando la commissione inviata dal prefetto di Bari nel Comune di Valenzano. E, ora, dal nuovo caso Camassambiente scatteranno le verifiche della magistratura: assunzioni, appalti, soldi.