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Petrolio, in Basilicata forse
nuovo giacimento: no dei sindaci

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Petrolio, in Basilicata forsenuovo giacimento: no dei sindaci

Domenica 15 Gennaio 2017, 09:29

PINO PERCIANTE

Basilicata sempre più... saudita. Ci sarebbe un altro giacimento petrolifero, in una zona a ridosso del Vallo di Diano, in Campania. Un’area «gemella» della Val d’Agri, addirittura più grande (circa 211,9 chilometri quadrati) e più ricca di «oro nero». Su quest’area ha messo gli occhi la Shell che ha chiesto alla Regione di avviare la Via (Valutazione di impatto ambientale) per il progetto denominato «Monte Cavallo». In pratica si attende l’autorizzazione a effettuare ricerche. La richiesta è stata inoltrata al ministero dell’Ambiente. Dodici i comuni interessati, otto in provincia di Salerno (Atena Lucana, Montesano, Padula, Polla, Sala Consilina, Sant’Arsenio, Sassano, Teggiano) e quattro in quella di Potenza (Brienza, Marsico Nuovo, Paterno e Tramutola). I sindaci dei centri coinvolti si dicono contrari e chiedono che si blocchi qualsiasi operazione: «Qui - evidenziano - c’è il bacino idrico più grande del Mezzogiorno che risulterebbe il più esposto ai pericoli di eventuali perforazioni».

Accanto a «Monte Cavallo», Shell vorrebbe avere il via libera per altri due progetti: il primo riguarda un’area di 55 chilometri quadrati tra Pignola e i comuni confinanti (Abriola, Anzi, Brindisi di Montagna e Potenza). L’altro interessa una zona di 76 chilometri quadrati, da Marsico Nuovo a Tito, passando per Brienza, Sasso di Castaldo e Satriano.

Insomma, il sottosuolo lucano è tutto da setacciare alla ricerca di greggio. E non da oggi. Sì, perché già 15 anni fa ci provò la Texaco a far zampillare l’oro nero e per fermare le trivelle alcuni sindaci si incatenarono nel cortile della Certosa di Padula. Poi è toccato alla Shell che più volte ha provato ad ottenere il permesso per «radiografare» la zona dei monti della Maddalena. La richiesta era stata depositata anche un anno fa, insieme alle altre due istanze a cui abbiamo fatto riferimento. Il ministero dell’Ambiente aveva chiesto alla società di fornire integrazioni sui tre studi entro 90 giorni «rilevando la carenza di elementi progettuali necessari per la procedibilità delle istanze».

In un primo momento Shell aveva chiesto due proroghe dei termini (una di 45 e l’altra di 90 giorni), poi aveva scelto di fare un passo indietro. Ora è tornata nuovamente alla carica su tutti e tre i progetti. Convinta di spuntarla. E di far ragionare gli oppositori: «Chiediamo solo di studiare il sottosuolo con tecniche non invasive, grazie all’utilizzo di sensori. Si tratta - spiega la compagnia petrolifera - di una tecnologia innovativa e migliorativa che, in ogni caso, non comporta alcun tipo di attività perforativa». Qualora i risultati dell’indagine geofisica dovessero confermare la possibilità di situazioni di interesse minerario, Shell, continuando il dialogo con le istituzioni nazionali e locali «nel pieno rispetto della legge, del territorio e dei suoi abitanti», presenterà una specifica Via per ciascuna delle fasi successive di esplorazione previste nel programma lavori.
Tutto vero. Ma se i risultati dell’indagine dovessero davvero confermare la presenza di un grande giacimento siamo sicuri che non si accenderebbero i motori alle trivelle?

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