sanità

Asl, il rebus dei direttori «A 65 anni si va a casa»

E' caos in attesa del decreto Lorenzin: «Chiederemo un parere»

BARI . La rivoluzione della sanità prevista dal decreto Lorenzin (124/2015) si occupa anche dei manager delle aziende sanitarie, introducendo l’elenco unico nazionale per uniformare i requisiti tra tutte le Regioni. Ma, in mancanza dei decreti attuativi, in Puglia si pone un problema non da poco: il quadro normativo vieta infatti ai direttori (generale, amministrativo, sanitario) di restare in servizio oltre i 65 anni, cosa che invece sembrerebbe consentita con la nuova modalità di designazione.

La materia dei direttori delle Asl è regolata dal Dlgs 502/1992 (che su questo tema è stato poi superato dalla 229/99) e dal Dlgs 288/2003, che prevede la decadenza automatica al compimento dei 65 anni per i direttori amministrativi e sanitari. Per i direttori generali la lettura non è unanime, nel senso che secondo alcune scuole di pensiero il tetto varrebbe solo per quelli degli Ircss e non per quelli delle Asl. Fatto sta che nella legge pugliese «omnibus» per il 2008 (la 19/2008) fu infatti inserito un articolo, all’epoca ribattezzato norma-Valente (dal nome del direttore amministrativo che avrebbe dovuto beneficiarne) che consentiva appunto di derogare a quella previsione per i direttori amministrativi e sanitari: la norma fu cancellata l’anno dopo dalla Corte costituzionale a novembre del 2009, con una pronuncia motivata che sembrava propendere per la decadenza automatica di tutti i manager a 65 anni di età. In più, ci sono gli aspetti contributivi (a 40 anni di contributi scatta la pensione automatica, e per l’ordinamento attuale i pensionati decadono dall’incarico.

In Puglia ha già superato i 65 anni il direttore generale della Asl di Lecce, Silvana Melli. A febbraio compirà 65 anni il dg dell’Ircss di Bari, Antonio Delvino. Nella stessa situazione ci sono anche alcuni direttori amministrativi di varie Asl. Lo scorso anno il direttore sanitario del Policlinico di Bari, Alessio Nitti (classe ‘57) fu avvicendato perché aveva raggiunto il massimo dei contributi.

«Chiederemo un parere alla Funzione pubblica - dice il capo del dipartimento Salute della Regione, Giovanni Gorgoni - anche se ci sembra applicabile il principio della vigenza contrattuale». Ovvero: a 65 anni non è più possibile essere candidati alla nomina, ma si può portare a termine l’incarico.

Il problema è che sul punto il decreto Lorenzin nulla dice. O meglio, esiste un parere del Consiglio di Stato (113/2016 dello scorso maggio) che a proposito del decreto 124 parla appunto di questo principio: dice che all’albo nazionale dei direttori ci si può iscrivere fino a 65 anni, e che gli incarichi (tutti di diritto privato) hanno durata tra i 3 ed i 5 anni per cui viene rispettato il limite (previsto dall’ordinamento civile) dei 70 anni come massima età pensionabile.

La questione sembra di lana caprina, ma ha in realtà un grande impatto pratico. Oggi la Regione ha un elenco di idonei (predisposto dalla giunta Vendola) tecnicamente ancora valido ma praticamente quasi vuoto: tolti infatti i numerosissimi pensionati e i professionisti che non hanno esperienze precedenti, gli idonei «veri» alla nomina di direttore generale non sono più di 5-6. Certo, si potrebbe attingere agli elenchi delle altre Regioni (anche quelli teoricamente ancora validi). Ma nell’eventualità di dover procedere anche solo a 2-3 nomine, il presidente Michele Emiliano potrebbe avere difficoltà. Anche perché l’albo nazionale non verrà predisposto, se va bene, prima di 6 mesi. Nelle Asl pugliesi si stanno già facendo una serie di valutazioni sul punto, anche se la Regione per il momento sembrerebbe non essere intenzionata a toccare nulla. Anche perché se dovesse eccepire la decadenza di qualche contratto per raggiunti limiti di età, potrebbe innescare un contenzioso giudiziario dagli esiti tutt’altro che certi. [m.s.]

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