Incontro a Bari

D'Alema: se vince il No questione leader nel Pd

«Il mio tempo l'ho fatto. Spero solo che si riapra un dibattito serio»

di Michele Cozzi

BARI - L’ex deputato di Gallipoli, Massimo D'Alema, legato da decenni alla Puglia, rilancia da Bari il «fronte del no alla riforma costituzionale».

In un cinema cittadino si ritrovano pezzi della sinistra, personalità e gente comune che esprimono la propria contrarietà ad una riforma che - a loro parere - non solo scardina i fondamenti della Carta costituzionale, ma apre uno squarcio pieno di incognite sull’assetto istituzionale del Paese. Assenti rappresentanti del partito e deputati in carica. Non si fa vedere il presidente Emiliano.

Il lìder maximo risponde alle domande del direttore della Gazzetta, Giuseppe De Tomaso. Fa il pieno di applausi quando attacca: «Renzi non è l’astro delle riforme», «Non può cancellare 50 anni di riforme»; «mi sogna anche la notte, sono il suo incubo»; «quattro fregnacce che ci vengono proposte»; «studiate di più».

Da dopo la par destruens, c'è la par construens. Ma è vero che sul terreno delle riforme si parte da zero? «Nel 1978 il Parlamento ha approvato la legge 194, la riforma sanitaria, la legge 180 che chiudeva i manicomi. Non è vero che soffriamo del problema di una democrazia che non decide».

Poi d’Alema fa i conti con il riformismo renziano: «Molte riforme sono sbagliate, ma se abbiamo lo sviluppo zero, non è dovuto al Parlamento ma a leggi scadenti».

Ma non fu una riforma sbagliata la revisione del titolo quinto, non è meglio fare chiarezza sui poteri di Stato e Regioni, chiede De Tomaso? «Fui critico - precisa - verso quella scelta, ma la decisione di approvarla fu assunta dopo che mi ero dimesso da presidente del Consiglio. Dissi che avremmo dato molto lavoro alla Corte costituzionale. Così è stato. La Costituzione è di tutti. Ora la si cambia fortemente, per di piu con un partito, il mio Pd, che non aveva vinto le elezioni. A nome di chi pigli la responsabilità di cambiare 47 articoli?».

De Tomaso introduce il tema del combinato disposto tra Italicum e riforma costituzionale. Può esserci un’intesa tra i due Pd? «La Boschi - dice D’Alema - aveva detto che il referendum ci sarebbe stato a ottobre, ora si parla di dicembre. Avevano detto è la più bella legge del mondo, ma oggi vogliono cambiarla. Ora pare che l’Italicum sia figlio nessuno».

Sulla riforma ricorda un pastrocchio dell’art. 70, giudica prudente la decisione della Corte sullo stop alla decisione sull’Italicum, e «chi non lo vuole deve votare no al referendum. Sono vicino a 22 senatori che hanno presentato una legge con i collegi. Ora il bipolarismo non c’è più, e non possiamo pensare un meccanismo per far diventare una minoranza una maggioranza, a prescindere dal voto dei cittadini. Dobbiamo allargare la partecipazione non restringerla. Se vota uno solo avremo la governabilità perfetta, ma non la democrazia».

Tocca il tema del dimezzamento del ruolo delle Regioni: «Mi stupisco che non ci sia la rivolta dei presidenti». E il risparmio? «Quello vero è solo di 27 milioni».

D’Alema non si limita a criticare la riforma ma avanza una proposta specifica in due articoli: «Il dimezzamento del numero di senatori e deputati, e l’abolizione della navetta, tra Senato e Camera rifacendoci al modello americano».

De Tomaso lo incalza sul dopo referendum e sullo scontro interno al Pd: «Io faccio un altro lavoro, non faccio parte di alcuna corrente. Tanti si sono curvati, Speranza, invece, ha lasciato il suo incarico. Di fronte allo scempio, come cittadino e uomo di Stato non potevo rimanere insensibile». Ma nessuno crede al suo disimpegno, insiste De Tomaso: «Sbagliano - conclude - non sono Renzi, quando dico una cosa la faccio. Il mio tempo l’ho fatto. Spero che dopo il no sì riapra un dibattito serio, e la vittoria renderebbe contendibile la leadership, perché è Renzi che consegna il Paese a Grillo».

All’incontro hanno partecipato il prof. Luigi Volpe, dell'Università di Bari, per il quale la «riforma è lontana dalla Costituzione repubblicana», e Nicola Colaianni per «il quale il governo ha già ora una massa di poteri per potere decidere e governare».

Privacy Policy Cookie Policy