Attacco islamico
Dacca, omaggio alle vittime Nove i morti italiani
Il Bangladesh ha concluso oggi i due giorni di lutto nazionale per il massacro di venerdì nella Holey Artisanal Bakery con una cerimonia di Stato nello stadio dell’esercito a Dacca in cui la premier Sheik Hasina, vari ministri, diplomatici stranieri e molta gente comune si sono raccolti davanti ai feretri delle 20 vittime, di cui ben nove italiane.
L’atto solenne ha chiuso il capitolo del cordoglio ufficiale per quello che per i bengalesi è stato senza dubbio una sorta di 11 settembre, poiché si è trattato dell’attacco terroristico che ha causato il maggior numero di vittime civili nella storia del Paese.
Dopo la cerimonia le salme sono state prese in consegna dalle rispettive nazioni di appartenenza. I resti delle vittime italiane arriveranno a Roma domani sera, ha fatto sapere il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. A Ciampino, ad attendere i feretri, ci sarà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che per questo ha ridotto il programma del suo viaggio in America latina, che dopo il Messico avrebbe dovuto vederlo in Uruguay e Argentina. A bordo dell’aereo partito oggi da Roma per il Bangladesh e incaricato dell’operazione del rimpatrio delle salme, ha reso noto la Farnesina, è partito anche il viceministro degli Esteri Mario Giro in rappresentanza del governo, accompagnato dal capo dell’Unità di Crisi Claudio Taffuri.
Sotto una pioggerella che si è mescolata con le lacrime che rigavano i volti soprattutto dei familiari degli scomparsi, a Dacca le bare sono state riunite su un palco sul prato e ricoperte di fiori bianchi e gialli, mentre davanti, su un lungo striscione nero, campeggiava in bianco la scritta: «La gente del Bangladesh è in profondo lutto per le vittime della tragedia della Bakery». Alle 10 in punto la Hasina ha fatto il suo ingresso nello stadio da 15.000 posti, utilizzato nel campionato di calcio dalla squadra dell’esercito bengalese, e si è raccolta in un minuto di silenzio, con a lato due soldati in alta uniforme. Poi si è recata nella zona dove in piedi la attendevano gli ambasciatori d’Italia (Mario Palma), Giappone, Stati Uniti ed India, per presentare le condoglianze a nome suo e del popolo bengalese. E lo ha fatto in particolare con l'ambasciatore Palma, come rappresentante del Paese che nella tragedia ha pagato il più alto tributo di sangue, tenendogli le mani per un periodo abbastanza lungo durante il colloquio, in un clima di mutua commozione.
E’ stata quindi la volta dei diplomatici a raccogliersi davanti ai feretri, e dopo lo spazio per circa un’ora è stato aperto alla gente comune che anche ha voluto portare il suo tributo di dolore e solidarietà ai Paesi e alle persone colpite.
Solidarietà e dolore che in serata si sono manifestati anche con una messa concelebrata nella chiesa seminario del quartiere di Banani dal Nunzio apostolico in Bangladesh, mons. George Kocherrym, dall’arcivescovo di Dacca, mons. Patrick D’Rozario, e da vari sacerdoti per «sottolineare l’unità della chiesa di fronte alla minaccia del terrorismo».
Ed infine con una veglia a lume di candela convocata via Facebook in un luogo vicino al ristorante colpito, sulla strada 79 del quartiere di Bushan, e denominata 'Tributo al lume di candela alle anime perdute per l’omicidio di massa della Holey Artisan Bakery a Gulshan-2», il quartiere diplomatico della capitale.
OSTAGGI UCCISI NEI PRIMI 20 MINUTI - Un professore e altri quattro ex ostaggi fermati e tuttora sotto interrogatorio, tutte le venti vittime del ristorantino Holey Artisanal Bakery ammazzate nei primi 20 minuti dopo l’attacco, dettagli sulla vita dei jihadisti morti nel blitz che li descrivono come universitari e figli dell’alta borghesia bengalese benestante (il padre di uno è addirittura tra i principali esponenti del partito della premier Sheikh Hazima).
Polizia e governo del Bangladesh continuano ad essere sotto pressione dopo la tragica conclusione dell’attacco di venerdì sera a Dacca che ha lasciato sul terreno 28 morti (20 ostaggi tra cui nove italiani, due poliziotti e 6 terroristi) e si stanno impegnando al massimo sul fronte delle indagini. Ma, secondo numerosi analisti, oltre che per chiarire la genesi della tragedia anche per rafforzare la teoria dello 'stragismò interno dichiarato fin dall’inizio: la sanguinosa azione terroristica - affermano - non è stata organizzata dall’Isis ma da un gruppo armato locale (il Jmb) supportato dal principale partito d’opposizione (Bnp, Partito nazionalista del Bangladesh) in tandem con il più importante partito fondamentalista (Ji, Jamaat-e-Islami).
Una teoria che però a livello internazionale lascia molti dubbi, a partire dalla confinante India. I cinque stati indiani che con il Bangladesh hanno in comune 4.000 chilometri di frontiera sono oggi in stato di massima allerta e controllano in modo capillare tutti i veicoli che attraversano il confine. Si cercano eventuali terroristi sopravvissuti al blitz e fiancheggiatori che potrebbero tentare di raggiungere il Pakistan, Paese ostile all’India indicato tra i finanziatori del terrorismo islamico radicale in varie aree del mondo.
Intanto i particolari fatti filtrare dagli inquirenti a Dacca si concentrano sugli ex ostaggi trattenuti e sotto interrogatorio. Tra loro, un britannico nato in Bangladesh e un cittadino canadese di origine bengalese (il Canada però dice di non saperne nulla). E, soprattutto, il docente universitario Hasnal Karim, sopravvissuto al massacro con la moglie e due bambini. Nella tasca di uno dei jihadisti uccisi è stato trovato un biglietto con il suo indirizzo ed è ormai accertato che l'uomo - laureato alla Queen Mary University di Londra dove ha vissuto per più di dieci anni - ha insegnato nel 2012 nella più importante università privata bengalese, la North South University (Nsu) di Dacca. Nello stesso ateneo quell'anno avrebbe studiato uno dei terroristi uccisi, Nibras Islam.
Forse era proprio con lui che Hasnat Karim stava parlando, fumando una sigaretta, quando è stato filmato alle 5 del mattino, prima del blitz delle unità speciali che in 13 minuti hanno liquidato gli attentatori.
Cosa è stato detto durante questo 'colloquio con sigarettà è ciò che gli inquirenti vogliono sapere. Perché la doppia vita dei giovani killer è sconcertante e ha aperto interrogativi che impongono risposte. Anche per i loro familiari, oggi costretti a spiegare come di questi ragazzi studiosi e sportivi avessero perso le tracce tra gennaio e febbraio. Il politico padre di Rohan Ibne Imtiaz ne aveva addirittura denunciato la scomparsa, senza immaginare che il figlio avesse tra l’altro messo su Facebook l’appello fatto «a tutti i musulmani a diventare terroristi» dal predicatore Zakir Nayek, all’indice in Gran Bretagna per propaganda jihadista. Dal canto suo Nibran Islam dal 2014 seguiva assiduamente sui social due religiosi radicali, Anjem Choudary e Shami Witness.
«Per giovani ricchi e annoiati la jihad è diventata una moda», ha voluto spiegare la premier bengalese. Ma i metodi utilizzati e la ferocia di questi ragazzi, fa notare un editorialista locale, va ben oltre la moda e porta direttamente alle fanatiche strategie distruttive dell’Isis e di al Qaida.