Nel cuore dell'Inferno

AUSCHWITZ (Polonia) - «Perché Signore hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?». La terribile domanda affiora dalle labbra di Benedetto XVI, ma è un interrogativo destinato a restare aperto. Il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau è la tappa che sigilla il suo viaggio in Polonia. Il podio dal quale parla il Papa tedesco è stato montato davanti al Monumento in memoria delle vittime, poco distante dal forno crematorio numero 2.
Un «luogo di orrore» dove «l'umanità ha attraversato una valle oscura» sussurra il Papa. Vi trovarono la morte più di un milione di persone, soprattutto ebrei. «Venivano messi a morte come pecore da macello». Il Ratzinger teologo cerca risposte all'inquietante silenzio divino davanti al Male: «Non possiamo scrutare il segreto di Dio, vediamo solo frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia». La preghiera, il silenzio, il canto malinconico del Kaddish fanno da sfondo alla cerimonia in memoria delle vittime dei lager nazisti fatti costruire su un'area di 191 ettari nel cuore dell'Europa per sterminare ebrei ed altri "Abschaum der Nation", «rifiuti della nazione».

Papa Ratzinger sceglie di esprimersi in italiano per diffondere un messaggio fortissimo e di portata storica. Chiede perdono, invoca la riconciliazione dei popoli e implora il «Dio vivente di non permettere più una simile cosa». Nemmeno in questi tempi dove «nuove sventure» incombono. Il testo l'ha voluto limare fino all'ultimo aggiungendo - solo poche ore prima di pronunciarlo - la parola che mancava: Shoah. Probabilmente la sua assenza avrebbe sollevato inutili polemiche.

«Il passato non è mai soltanto passato». Anche sull'oggi incombono potenziali tragedie. Nel cuore degli uomini «forze oscure» si annidano e inducono i terroristi a colpire vittime innocenti. Che «la forza della riconciliazione e della pace - è il grido di Papa Ratzinger - prevalga sulle minacce» di «una ragione falsa e staccata da Dio».

Il 28 maggio 2006 è una data destinata ad entrare nella memoria collettiva dell'Europa. Il passo compiuto dal Papa tedesco non è stato facile. Come tutti quelli della sua generazione fece parte della "Hitlerjugend" e poi costretto ad indossare la divisa della Luftwaffe in una unità contraerea dal 1943 fino alla fine della guerra.

«Prendere la parola in questo luogo d'orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia è quasi impossibile, ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania».
Ratzinger evoca il silenzio tanto è impossibile umanamente descrivere l'orrore. «Vengono meno le parole».

Sono passati 27 anni da quando Giovanni Paolo II, anch'egli appena eletto Papa, varcò il cancello «Arbeit macht frei» per inginocchiarsi davanti alle lapidi nelle 22 lingue che ricordano i morti. Bielorusso, ceco, tedesco, francese, ebraico, croato, italiano, yiddish, ungherese, olandese, norvegese, polacco, russo, romeno, slovacco, serbo, croato, ucraino, giudeo-ispanico, inglese. «Parlano di dolore umano e ci lasciano intuire il cinismo di quel potere che trattava gli uomini come materiale non riconoscendoli come persone».
La riflessione si spinge a cercare di capire come fu possibile uno scempio simile. È il tema del silenzio divino a fare da filo conduttore nei diversi punti del discorso. «Dove era Dio in quei giorni? Perché egli ha taciuto?». «Io figlio del popolo tedesco non potevo non venire qui. Dovevo venire qui. Era un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II». Quel "non potevo non venire qui" lo ripete per ben due volte. Al popolo ebraico riserva parole toccanti: furono «messi a morte come pecore da macello» dice. «Volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità, eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra».
Uccidendo questo popolo, aggiunge, i nazisti «volevano in fin dei conti strappare anche la radice su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da se', la fede nel dominio dell'uomo, del forte».

Poi il passaggio più difficile del testo, quello sulla dittatura di Hitler che, tra tutti, solleverà polemiche, soprattutto in Germania. Perché di fatto discolpa il popolo tedesco dalle responsabilità collettive. «I potentati del terzo Reich», dei «criminali», ingannarono un intero popolo che fu «usato ed abusato come strumento» di «distruzione e di dominio» in nome «di prospettive di grandezza, di recupero dell'onore della nazione e della sua rilevanza».
Nella tappa finale del viaggio in Polonia Papa Ratzinger non manca di chiedere perdono: si inchina di fronte a tutte le vittime. Non solo le vittime ebree, sicché l'avere posto tutte su uno stesso piano non è esattamente ciò che si aspettavano le comunità ebraiche. Accanto agli ebrei ricorda anche i polacchi, i russi, i rom e quei tedeschi che finirono ad Auschwitz perché si opposero a Hitler. Nessuna traccia degli omosessuali deportati nel lager.
«Dietro queste lapidi si cela il destino di innumerevoli esseri umani. Essi scuotono la nostra memoria e il nostro cuore» aggiunge Papa Ratzinger, invitando alla purificazione della memoria.
Nel luogo degli orrori, il pontefice prima del discorso in italiano, vuole pregare in tedesco. In un posto dove la lingua tedesca per cinque anni fu solo strumento di ordini di morte, ora diventa veicolo di un messaggio intriso d'amore e speranza. «Signore tu sei il Dio della pace, tu sei la pace stessa, un cuore che cerca un conflitto non sarà in grado di comprenderti. Chi vuole la violenza non ti può capire. Fai in modo che tutti possano in vivere in armonia».
Franca Giansoldati

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