verso la legge

Taranto, «finalmente un risarcimento per i danni ambientali dei residenti di Tamburi»

on. Ubaldo Pagano

Passa in Commissione l'emendamento a firma del parlamentare Pd Ubaldo Pagano

I fumi dell’Ilva non sono solo causa di patologie gravi e decessi precoci. I veleni del siderurgico sono anche responsabili di pesanti danni all’ambiente e alle cose, nonché di gravi compressioni di diritti costituzionalmente garantiti, come la proprietà, soprattutto nei quartieri più vicini agli stabilimenti. Ma se per i primi, purtroppo, non abbiamo ancora una sentenza civile che metta nero su bianco il nesso di causalità tra inquinamento e danno alla salute di cittadini che vivono a ridosso dello stabilimento, per i danni alle cose, e in modo particolare agli immobili, esistono decine e decine di sentenze che certificano il pregiudizio subito da tanti cittadini di Taranto per tutti gli anni di esposizione all’inquinamento da polveri ed all’imbrattamento delle proprie case.

Ed infatti, nel corso di questi anni, tanti residenti del quartiere Tamburi hanno proposto azioni risarcitorie per i danni connessi alle emissioni provenienti dallo stabilimento nei confronti di Ilva spa. Azioni fondate sui danni sopportati per i maggiori costi connessi alla manutenzione degli stabili di proprietà, aggrediti dal cosiddetto «polverino» proveniente dai parchi minerali posti a ridosso del quartiere, oltre che per la riduzione delle possibilità di godimento dei propri immobili e per il deprezzamento subito dagli stessi sempre a causa dell’inquinamento.

Ovviamente esistono anche domande connesse al risarcimento di patologie che si ritengono riconducibili all’attività inquinante di Ilva. Tuttavia, come detto, non ci sono ad oggi sentenze che attestino una volta per tutte il legame tra «veleni» e «avvelenati». Per quanto riguarda invece il risarcimento da «imbrattamento», riduzione del godimento degli immobili e loro svalutazione, ci sono ormai sentenze passate in giudicato sia del Tribunale di Taranto, confermate in Corte di Appello ed in Cassazione, l’ultima in questa settimana, che del Tribunale di Milano, in sede di opposizione allo stato passivo della procedura concorsuale di Amministrazione Straordinaria di Ilva spa, che riconoscono un risarcimento in favore dei cittadini che hanno agito in giudizio, stimato in una somma pari al 20% del valore di mercato, al momento della proposizione della domanda, degli immobili di proprietà. Cifre comprese il più delle volte tra i 5.000,00 e i 30.000,00 euro a famiglia, considerato che spesso si tratta di case popolari e di scarso pregio costruttivo, ma che purtroppo quasi nessuno ha mai visto. Sì, perché la moltitudine di tutti i decreti «Salva Ilva» emessi dai vari Governi che si sono succeduti dal 2012 ad oggi e che hanno comportato sostanziali modifiche alla normativa della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, i patteggiamenti, i decreti di ammissione alle procedure concorsuali, le decisioni assunte in sede politica di utilizzare le somme sequestrate alla famiglia Riva per le bonifiche e non per il risarcimento, hanno reso del tutto impossibile vedersi riconoscere un qualsiasi ristoro al danno subito per tutto il tempo di esposizione alle polveri, accertato dai giudici e confermato da innumerevoli atti degli organi preposti al controllo.

Un ostacolo che risulta ancora più intollerabile se si pensa che sino alla vendita della ex Italsider alla famiglia Riva, e quindi per più di trent’anni, lo stabilimento ha inquinato la città e intossicato i cittadini di Taranto, senza che lo Stato Italiano, proprietario di Iri, sia mai stato chiamato a rispondere dei danni causati, tantomeno di quelli provocati agli immobili del quartiere Tamburi di Taranto, preesistente allo stabilimento e oggetto di continue aggressioni di polveri ed altre sostanze.

Avevamo già portato la questione all’attenzione del Ministro Giorgetti con un’interrogazione dello scorso 6 maggio a cui non si è ancora degnato di rispondere. Con l’approvazione dell’emendamento a firma Pagano al decreto «Sostegni-bis», pensato e scritto a quattro mani tra il parlamentare Pd eletto nel territorio tarantino e il responsabile ambiente della segreteria regionale del Pd, per i residenti dei Tamburi, facciamo di più e meglio, senza dover attendere nessuno. La proposta che ha ricevuto l’ok in Commissione e presto, con la conversione definitiva del decreto, sarà legge, istituisce un fondo di 7,5 milioni di euro (di cui 5 per il 2021 e 2,5 per il 2022) volto a riconoscere un indennizzo dei danni agli immobili derivanti dall’esposizione prolungata all’inquinamento degli stabilimenti siderurgici di Taranto del gruppo Ilva. Un fondo, in sostanza, che andrà a finanziare indennizzi dal valore del 20% (e fino a 30mila euro) rispetto a quello dell’immobile danneggiato i proprietari di immobili siti nei quartieri della città di Taranto oggetto dell’aggressione delle polveri, in favore dei quali sia stata emessa sentenza definitiva di risarcimento dei danni, a carico di Ilva.

Lo Stato italiano, che ha una corresponsabilità sia diretta, per gli anni di gestione pubblica, sia indiretta, per il mancato controllo negli anni di gestione del privato dello stabilimento siderurgico di Taranto, si fa finalmente carico di parte dei danni che sono stati fatti alla Città. E con questo intervento, possiamo dire di aver dato una buona notizia a tutti quei cittadini che, con dispendio di risorse economiche ed energie, si sono attivati perché fosse accertato in giudizio il proprio diritto al risarcimento, ma che non potrebbero mai ottenerlo per la mancanza di fondi della procedura concorsuale di Ilva spa.


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