toghe sporche

«Capristo voleva andare a Firenze, lo mandai da Lotti e Verdini»

Massimiliano Scagliarini

La confessione di Amara: arrivò a Taranto per interessi pugliesi

Bari - Carlo Capristo puntava alla Procura generale di Firenze, e la scelta di candidarsi a procuratore di Taranto arrivò soltanto in seconda battuta e solo perché nel 2015 l’allora sottosegretario Luca Lotti considerava il magistrato barese troppo «vicino» ad una diversa area politica. La versione che l’avvocato Piero Amara ha dato alla Procura di Potenza sui suoi rapporti con l’amico giudice e con l’Ilva aggiunge particolari all’inchiesta-bis su Capristo (sottoposto a obbligo di dimora a Bari). I racconti dell’avvocato siciliano sono ritenuti credibili dal procuratore Francesco Curcio, che nei giorni scorsi ha concesso ad Amara di uscire dal carcere: dovrà solo rimanere a Roma.

Amara non ha negato le sue attività di lobbying, ma le ha collocate in un diverso contesto evocando gli interventi pesanti della politica sulle nomine dei magistrati. E non ha smentito le manovre di Capristo e del poliziotto barese Filippo Paradiso per conquistare la Procura di Taranto. «Che Paradiso per Capristo e Capristo abbiano fatto, dal loro punto di vista, carte false per raggiungere la posizione di Procura... però in quella sequenza: loro puntavano prima a Firenze e poi a Taranto, non c'è alcun dubbio, e sono stati molto aiutati. Sicuramente sono stati aiutati». Amara dice di essere intervenuto per Firenze («Gli presento Lotti e Verdini per la Procura generale di Firenze») e non per Taranto («Quando mi chiesero di intervenire su Centofanti, mi sono messo di traverso, cioè nel senso ho detto: “A me questa cosa non interessa nulla”»).

Firenze, dunque. «Organizzo io, su richiesta di Paradiso, e quindi di Capristo, l’incontro con Lotti. Organizzo l’incontro con Lotti perché? Perché alla Procura Generale di Firenze i fiorentini avevano dei dubbi. Boccia (Francesco, l’ex ministro Pd, assolutamente estraneo all’inchiesta, ndr) aveva detto a Capristo, non so se è vero, ma questa è la ragione dell’incontro, “tu non puoi andare a Firenze perché i fiorentini ti vedono troppo vicino a me, ce l'hanno con te”. Perché in effetti già a Bari», per la Procura generale, Capristo «perse, perché arrivarono, mi pare, a pareggio, e una donna andò... perse contro una donna, e lì in effetti Lotti si mise dì traverso».

Ecco che - sempre secondo Amara - l’obiettivo si sposta su Taranto. «Un ruolo importantissimo l’ha avuto Boccia, all'interno del Pd. Io ho partecipato ad un pranzo, non mi ricordo se era a Taranto o a Trani. Era un pranzo in cui era presente Boccia, la moglie di Boccia, io, un certo Pasquale Misciagna, Filippo Paradiso, per discutere come fare. (…) Perché l’obiettivo era portare Capristo a Taranto. Ma interessi dei pugliesi. Cioè, a me, non me ne poteva fregare. Quindi, Boccia era uno degli elementi per loro più forti. Poi parlò con Gianni Letta, poi parlò con la Casellati, e poi ci fu una persona che fu importantissima, il cui fratello credo che fosse ingegnere». Una persona che secondo Amara ottenne incarichi all’Ilva ed ebbe un ruolo «determinante» per chiudere l’accordo al Csm. Ma Capristo stava bene anche ai commissari, «c'era un forte interesse, fortissimo interesse da parte delI’llva, in quanto Ilva intendo Ilva - Stato, non Ilva-Riva... poi io ho capito che sono tutta una cosa».

Amara ha poi fornito un ulteriore punto di forza all’accusa. Ha confermato che l’avvocato molfettese Giacomo Ragno (finito ai domiciliari) entrò nel giro Ilva grazie al procuratore di Taranto. «A me questo Nicoletti (Nicola, il consulente Pwc finito ai domiciliari, ndr) me l’ha detto, che è costretto a nominare Ragno perché glielo chiedeva Capristo».

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