L'intervento

Pugliesi pronti a ricomporre i pezzi dopo un terribile 2020

Antonio Maria Vasile*

La pandemia è anche l’occasione per pensare e fare le cose in maniera diversa, per riesaminare, per imparare dall’esperienza vissuta e mettere in atto con coraggio e determinazione strategie vincenti

E’ tempo di ricomporre i pezzi cercando, nel metterli insieme, di incollare anche e soprattutto quello che abbiamo imparato in quest’ultimo anno. Il 2020 è stato un anno devastante, al pari di uno ‘tsunami’ che ha duramente colpito il Mondo, facendo crollare tutte le nostre convinzioni, le nostre abitudini, le nostre certezze, le nostre vite. Un terremoto che ha costretto tutti a lavorare al ‘buio’ e a schivare i numerosi colpi inferti dalla pandemia, a rivedere i capisaldi di un sistema che si andava man mano sgretolando e a riconsiderare l’intero sistema Paese. Tutti, nessuno escluso, quando l’emergenza sarà finita, nel migliore dei casi ne usciremo con qualche ferita. Ma non ci deve abbandonare la consapevolezza che questa ‘onda anomala’ possa trasformarsi in opportunità.

La pandemia è anche l’occasione per pensare e fare le cose in maniera diversa, per riesaminare, per imparare dall’esperienza vissuta e mettere in atto con coraggio e determinazione strategie vincenti, partendo dal focalizzare i motori fondamentali per la ripresa. Analizzando agli errori che sono stati commessi nel corso di quest’ultimo anno, dovuti all’inesperienza nei confronti di un’emergenza che ci ha inevitabilmente colti impreparati, dobbiamo cogliere ciò che di buono è stato fatto. Per evitare il tracollo dobbiamo prendere coscienza del fatto che stiamo vivendo in un nuovo mondo, in cui abbiamo rivisto tutta la nostra vita, adeguandola all’imprevedibilità della situazione pandemica.

Molte volte ci chiediamo quando torneremo a viaggiare, quando gli stranieri torneranno ad affollare le nostre spiagge, le nostre città, quando torneremo a vivere la ‘normalità’. Quest’emergenza ci ha insegnato l’importanza delle reti, non solo umane ma strutturali. Abbiamo compreso quanto, ad esempio in campo sanitario sia stato importante il lavoro sinergico con la Protezione Civile e con le infrastrutture del territorio. La rete tra Regioni, Protezione Civile e aeroporti, intesi come basi logistiche, ad esempio ha permesso non solo l’arrivo dei dispositivi di protezione individuali, ma anche dei vaccini. Garantire la sicurezza sanitaria per dipendenti e passeggeri in transito nei nostri aeroporti, è stata una sfida vinta che ha richiesto il lavoro costante e quotidiano con tutti gli attori del territorio. Abbiamo messo le nostre infrastrutture aeroportuali al servizio della comunità, convinti che la miopia non fosse la chiave vincente. Abbiamo rivisto il nostro piano strategico, il nostro futuro, perché questo era richiesto dall’emergenza sanitaria che, ha anche evidenziato quali e quante potessero essere le differenze qualitative e strutturali degli ospedali. Su questo c’è tanto da lavorare per migliorare l’intera rete sanitaria nazionale, in modo da poter avere tutti gli stessi strumenti e le stesse possibilità. Bisogna trasferire i modelli eccellenti nelle strutture che necessitano miglioramenti, bisogna applicare alle varie strutture il modus operandi degli ospedali che hanno dimostrato di essere all’altezza e fare in modo che non vi sia una netta differenza che penalizza il diritto alla salute.

Non si tratta di rimarcare le differenze esistenti fra Nord e Sud, ma di sostenere modelli ed eccellenze. Bisogna che si prenda il meglio di qualsiasi territorio e si faccia in modo che possano beneficiarne tutti gli altri. Pensiamo a quello che non ha funzionato, perché ora è il momento di rimodulare, di riprogrammare e non quando tutto sarà finito. Perché allora saremo chiamati alla sfida più grande, quella della ripartenza e non dobbiamo farci cogliere impreparati. Puntiamo sulle sinergie, sulle rete, ma anche sulle infrastrutture, sul digitale, su industria e agricoltura, perché siano funzionali ai territori, alle esigenze della comunità e dei mercati. A proposito di industria, quella manifatturiera meriterebbe la centralità negli interventi di politica economica del Paese, che altrimenti avrebbe difficoltà a riprendersi. Paese quindi, che deve ridefinire le sue priorità. Proprio il manifatturiero, infatti ha mostrato nonostante l’emergenza, una capacità di tenuta impareggiabile. Ad oggi, le industrie italiane sono considerate delle eccellenze nella produzione di robot, nella meccatronica, nell’aerospazio.

Tutti mercati in via di sviluppo. Accanto all’industria manifatturiera, bisognerebbe garantire lo stanziamento di maggiori risorse all’agricoltura, intesa come motore per la sostenibilità ambientale e delle comunità, leve che durante la pandemia hanno fatto sì che aumentasse la domanda di cibo sano e sostenibile. Nonostante il settore abbia resistito a fatica, sarebbe giusto investire e ripensare al suo futuro. Durante l’emergenza, che ad oggi continua a persistere, gli italiani hanno manifestato la necessità di mangiare cibo sano e prodotti legati al territorio. Di qui la necessità di restituire all’agricoltura il ruolo centrale, nell’alimentazione degli italiani, che aveva fino a qualche anno fa. Ripensare al futuro dei territori, significa anche evitare di marginalizzare il Sud, e finalmente portare a compimento interventi infrastrutturali, di sistema, che da troppo tempo meritano di vedere la luce e rafforzare le reti. Quanto ancora si dovrà aspettare per l’altra capacità Bari-Napoli, funzionale alle Zone economiche speciali dei porti di Napoli, Bari, Taranto, Gioia Tauro? Non attendiamo che vada tutto bene, ma facciamo in modo che questo accada, perché il futuro è nelle nostre mani.

*Vice Presidente Adp

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