BARI - Scelta Civica e Italia in Comune non hanno superato il 4% e rimarranno fuori dal Consiglio regionale pugliese, così come aveva deciso l'Ufficio elettorale e così come era logico in base alla legge. Il Tar di Bari (terza sezione, estensore Dibello) ha infatti respinto sia il ricorso presentato da Ernesto Abaterusso che quello di Francesco Crudele.
Le motivazioni si conosceranno entro i prossimi 10 giorni, tuttavia entrambi i ricorsi vertevano sulla modalità di determinazione della percentuale di lista (per la legge si calcola dividendo i voti di lista per il totale di quelli spettanti ai candidati presidenti) chiedendo di applicare un diverso criterio che avrebbe portato - nei loro auspici - a proclamare eletti quattro consiglieri per Italia in Comune e altrettanti per Senso Civico. Il Tar ha invece evidentemente ritenuti corretti i calcoli, per cui la lista di Alfonso Pisicchio si è fermata al 3,76% e quella dei sindaci al 3,49%.
I giudici amministrativi hanno poi rigettato in quanto "infondato" il ricorso delle associazioni femminili che chiedevano di mandare alla Corte costituzionale la legge elettorale pugliese in quanto non prevede una sanzione effettiva per le liste che non rispettano la parità di genere (60-40% dei candidati dei due sessi). Il Tribunale (estensore Serlenga), pur riconoscendo che due liste del centrodestra non hanno presentato il numero minimo di candidati donne previsto dai principi normativi, ha ritenuto che la legge nazionale consenta alle Regioni di modulare le sanzioni come meglio credono (la Puglia prevede una multa sui contributi ai gruppi politici).
«Non è stato minimamente esaminato - dice l'avvocato Marida Dentamaro - il primo e più importante motivo di ricorso, ragione per cui presenteremo appello al Consiglio di Stato».
«IMPUGNEREMO SENTENZA TAR» - «La battaglia per le donne pugliesi continua, ora si va al Consiglio di Stato. Noi non molliamo». Lo dichiarano le avvocate Veralisa Massari e Marida Dentamaro in rappresentanza delle otto associazioni femministe che avevano presentato ricorso al Tar, che è stato rigettato, contestando "l'ammissione delle liste che non hanno osservato l’obbligo di composizione in un rapporto almeno del 60/40 tra i generi», previsto dalla legge elettorale regionale e avevano quindi chiesto al Tar si sollevare questione di legittimità costituzionale.
«Ciò che più lascia l’amaro in bocca - dicono - è che il Tar abbia negato l’accesso alla Corte Costituzionale, nonostante abbia riconosciuto l’inadeguatezza della legge pugliese. L'esperienza, tuttavia, ci dice che i giudizi elettorali non si fermano mai al primo grado. Per questo non ci fermeremo, appelleremo la sentenza fiduciose nel Consiglio di Stato, prima, e nella Corte Costituzionale, poi. Restiamo convinte che in un ordinamento democratico nel quale la legge suprema è la Carta Costituzionale, tutti gli organi debbano soggiacere ai principi da essa posti».