L'intervista

Alpino, la frontiera barese del nuovo fenomeno Sup

Alessandra Montemurro

L'intervista al talento che in 3 anni di attività agonistica ha raggiunto i vertici nazionali

Ha 21 anni, ha iniziato a praticare Sup (Stand Up Paddle) quando ne aveva 18 e a fine ottobre 2020, in una delle ultime gare stagionali nelle acque di Cecina Mare, in Toscana, Davide Alpino ha sbaragliato i circa sessanta avversari provenienti da tutta Italia laureandosi campione nazionale all’Italiano di Sup Racing 2020 della Federazione Sci Nautico Wakboard e Surfing (FISW). Alle sue spalle, in una gara accompagnata da condizioni meteo difficili e impegnative, Riccardo Rossi, di Piombino, e Tommaso Pampinella, di Civitavecchia. Classe 1999, occhi verdi, capelli biondi e un infinito amore per il mare, Davide si è avvicinato al Sup dopo la canoa canadese «per vivere e sfruttare a pieno il mare» dice.

«Ho iniziato con la canoa canadese a 15 anni, al Cus Bari, sfiorando europei e mondiali nel 2017. Per alcuni mesi sono stato tesserato con la Marina Militare. Rientrato a Bari per l’ultimo anno di superiori ho scoperto il Sup. Da maggio 2018 in due anni sono diventato campione nazionale».
Davide è atleta agonista tesserato con la Big Eye asd, fondata nel 2015 a Bari da Anna Occhiogrosso, considerata la madrina del Sup pugliese, che fa parte delle associazioni che hanno dato vita al circuito regionale di Sup Race Surfing Fisw: Asd BigEye, Tana Onda, FreeRide, Asd Kite Surf Taranto, 3 Oceani e Locals Crew Salento.

Ci spieghi esattamente cosa è il Sup?
«È una specialità del surfing in cui si sta in piedi su una tavola simile al surf utilizzando una pagaia per la propulsione. È nata poco dopo il surf per la necessità di fornire un supporto fotografico ai surfisti e negli ultimi vent’anni è esploso come sport. Nelle sue varianti è praticato da migliaia di persone il cui numero è in crescita costante».

In Puglia oggi il Sup Race è uno sport abbastanza diffuso.
«Direi proprio di sì. Ci sono diverse scuole. In particolare due, una a Palese (TanaOnda) e una a Taranto (Ads Kitesurf), sono specializzare nella formazione agonistica di atleti. E molti dei loro tesserati, anche juniores, erano al campionato italiano. Poi ci sono tantissimi amatori».

Lei con chi si allena?
«In genere da solo o con i miei fratelli: Francesco, che ha 24 anni ed è il più grande, e adesso anche Elias che di anni ne ha 16. E poi c’è il mio amico Vincenzo Manobianco. È lui che mi ha fatto conoscere questo sport».

Insomma, ha contagiato tutta la famiglia. Come si svolge l’allenamento tipo?
«Beh, un po’ sì (sorride, n.d.r.). Io mi alleno tutti i giorni due volte al giorno intervallando allenamento in acqua, corsa e allenamento fisico. In acqua parto da Pane e Pomodoro e sfrutto i venti per progettare il percorso più idoneo, che cambia continuamente. Si possono fare previsioni guardando il meteo, ma solo quando si è in acqua si può decidere. A terra, invece, causa Covid, da un anno a questa parte gli allenamenti sono all’aria aperta, nei parchi cittadini, il che non è affatto male».

Oltre che atleta, è anche istruttore.
«Mi occupo principalmente del settore giovanile, ed è bellissimo vedere come i ragazzi che arrivano da noi con qualche timore sull’affrontare il mare in inverno e ammalarsi poi scoprono che succede esattamente il contrario. Con il Covid è cambiato tutto, non si può sostare nello spogliatoio, bisogna indossare la mascherina, disinfettare le attrezzature al rientro, ma il nostro lavoro è aumentato. Le persone stanno riscoprendo il contatto con la natura».

Prossimi obiettivi?
«Voglio affermarmi a livello internazionale entro il 2021. E laurearmi in fisioterapia».

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