L'indagine
Pop-Bari, così saltarono i controlli sui bilanci
I commissari chiedono 180 milioni alla società di revisione
Nel 2019 una sentenza della Cassazione ha stabilito che «non può essere considerato obiettivo ed indipendente un revisore che faccia parte dello stesso studio professionale cui appartenga uno dei membri del collegio sindacale della società». Eppure è proprio questo che sembrerebbe avvenuto, per molti anni, all’interno della Banca Popolare di Bari. Lo pensa la Procura, che indaga su alcuni dei revisori e ipotizza una serie di reati collegati alla falsificazione dei bilanci. E lo pensano i commissari di BankItalia, che proprio per questo hanno messo nel mirino PricewaterhouseCoopers, la società che ha certificato i bilanci di BpB dal 2010 al 2018.
La tesi, che dovrà naturalmente essere accettata da un Tribunale, è che le cointeressenze tra i sindaci della banca e la società di revisione non consentivano una reale indipendenza tra i vari livelli di controllo sul bilancio. Dal 13 marzo 2005 al 9 settembre 2019 del collegio sindacale faceva parte Fabrizio Acerbis, un commercialista milanese che sul suo profilo Linkedin non fa mistero di essere socio dello «Studio PwC TLS Avvocati e Commercialisti» e di essere «Partner PwC responsabile per l’Italia dei servizi legali e fiscali»: uno dei sindaci della banca era insomma a capo delle attività della società che doveva revisionarne i bilanci.
Il risultato della carenza dei controlli, secondo la Procura di Bari, sta ad esempio in una delle accuse emerse nella prima indagine su Popolare. Ovvero sui 96 milioni di euro di imposte anticipate iscritte nel bilancio 2015, che - dice l’accusa - sarebbero servite “al fine di occultare perdite di bilancio”: un’operazione su cui la società di revisione non ha avuto nulla da ridire. «La conversazione - scrive il gip nell’ordinanza di gennaio valorizzando un’intercettazione tra uno dei manager della banca e Corrado Aprico della Price - ci prova che i revisori non agiscono in maniera indipendente e che il bilancio andava cambiato e invece si è deciso di falsificarlo». Le stesse indagini della Procura di Bari hanno fatto poi emergere come, in diversi casi, la Price assisteva anche alcuni clienti della PopBari, a partire dalle società di Vito Fusillo che con il loro fallimento hanno trascinato nel baratro anche la banca. Ma c’è di più.
Nella citazione che avvia l’azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici di BpB, a partire da Marco e Gianluca Jacobini, il professor Ferruccio Auletta (incaricato dai commissari Ajello e Blandini) ha annotato il fiume di milioni pagato negli anni al colosso americano. Pwc ha preso da PopBari 3,7 milioni per la revisione e 4,4 milioni per «altri servizi». Pwc Advisory (la società di consulenza) ha fatturato 3,9 milioni. Tls, lo studio di cui è socio l’ex sindaco Acerbis (Tls) ha fatturato consulenze per 123mila euro. Pwc Advisory e PwC sono società sorelle, come ha rilevato nel 2017 l’Antitrust che ha inflitto loro una sanzione per abuso di posizione dominante: l’amministratore delegato della prima è socio della seconda, e molti dei partner fanno parte di entrambe le società.
È questo il motivo per cui nell’azione di responsabilità, i commissari hanno chiesto alla Price 180 milioni di euro di danno, somma in cui sono compresi gli onorari pagati alla società di revisione dal 2015 al 2008. Sono i soldi su cui, a partire dal prossimo febbraio, davanti al Tribunale delle imprese di Bari si giocherà la vera battaglia dei risarcimenti.