Interrogatorio di garanzia

Crac Fusillo, Gianluca Jacobini si avvale facoltà non rispondere

Redazione online

Invece ha risposto per circa un’ora alle domande di gip e pm Nicola Loperfido, l’ex responsabile della direzione business della Banca popolare di Bari

Gianluca Jacobini, ex condirettore generale della Banca popolare di Bari, si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia dopo l'arresto nell’ambito dell’inchiesta sul crac del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci. Jacobini, difeso dagli avvocati Mario Malcangi e Guido Carlo Alleva, è agli arresti domiciliari per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta. Con la stessa accusa è stato sottoposto a interdizione il padre Marco, ex presidente dell’istituto di credito barese, che sarà interrogato domani. Stando alle indagini della Gdf, coordinate dal procuratore facente funzione Roberto Rossi con il sostituto Lanfranco Marazia, la banca sarebbe stata complice del fallimento delle società del gruppo Fusillo, concedendo continui sconfinamenti sui conti correnti e linee di credito e aggravando il passivo delle società e gestendo buona parte delle operazioni finanziarie, comprese cessioni di immobili, che in un decennio ne hanno portato al crac. 

Ha risposto per circa un’ora alle domande di gip e pm Nicola Loperfido, l’ex responsabile della direzione business della Banca popolare di Bari, arrestato il 29 settembre dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’indagine della Procura di Bari sul crac di alcune società del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci. Loperfido, all’epoca gestore per conto della banca degli affidamenti concessi al gruppo Fusillo, è agli arresti domiciliari per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta. Dinanzi alla gip Luigia Lambriola e al pm Lanfranco Marazia, Loperfido ha spiegato di non avere avuto più contatti con i vertici dell’istituto di credito da quando si è dimesso nel 2018.
Difeso dall’avvocato Nicola Quaranta, l’indagato ha chiarito la sua posizione con riferimento alle esigenze cautelari, riservandosi di rendere un interrogatorio nel merito delle accuse quando avrà studiato i 72 mila atti che compongono l'inchiesta.

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