a Castellana Grotte

Evitare la chemio? La scoperta dell'Istituto di Ricerca «De Bellis»

Emanuele Caputo

L'esito di un progetto avviato otto mesi fa

Affinare le possibilità terapeutiche nelle malattie oncologiche prediligendo, in casi selezionati, una terapia farmacologica mirata alla più demolitiva chemioterapia. Sono gli effetti dei primi otto mesi di una ricerca quinquennale condotta dal team di ricercatori guidato da Cristiano Simone nei laboratori dell'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «de Bellis» di Castellana Grotte. Dalle prime risultanze dello studio internazionale e interdisciplinare su circa duemila casi – finanziato dalla Fondazione Airc (associazione italiana di ricerca sul cancro) e realizzato in collaborazione con i gruppi Airc di Roma, Bologna e Milano oltre al National Institutes of Health (Nih) degli Stati Uniti – pubblicate sulla rivista iScience del gruppo Cell (prime autrici Paola Sanese e Candida Fasano) l'importante contributo scientifico risiede nel ruolo nelle neoplasie di una proteina riparatrice del Dna, una sorta di «operaia» sintetizzata dal gene Smyd3. Lo sviluppo di farmaci inibitori di questo gene consentirà di evitare la chemioterapia in circa il 10-15% dei tumori maligni di seno, colon, ovaio e pancreas. Seppur nota da una decina d'anni, della proteina Smyd3 non se ne conosceva la funzione fino alla scoperta castellanese: quando bloccata le cellule – sia sane che soprattutto quelle tumorali – non riescono a riparare il proprio Dna andando incontro alla morte in caso di danni come quelli inflitti dalla chemioterapia.

«Il nostro obiettivo – spiega il direttore scientifico Gianluigi Giannelli – è ottenere farmaci potenti da testare in studi clinici controllati in una terapia farmacologica combinata all'uso degli inibitori degli enzimi Parp già in uso in diverse forme tumorali». «La nostra scoperta – aggiunge il ricercatore Cristiano Simone – amplia l’applicabilità del meccanismo di “letalità sintetica”, che sfruttando le differenze genetiche, ossia le mutazioni, fra cellule tumorali e cellule normali, permette di uccidere in maniera mirata solo quelle cancerose, risparmiando le sane. Un principio con grandi potenzialità, finora utilizzabile però solo nella terapia del cancro dell'ovaio e del pancreas e solo in pazienti oncologici predisposti a causa di mutazioni dei geni Brca 1 e 2. Utilizzando farmaci che inibiscono l'enzima chiamato Parp, addetto alla riparazione del Dna, la terapia basata sulla letalità sintetica va a colpire così solo le cellule difettose. Ma non tutti i soggetti malati presentano questa mutazione e abbiamo dimostrato che bloccando la funzione della proteina oggetto della nostra ricerca si possono rendere sensibili agli inibitori di Parp anche cellule tumorali in soggetti con geni Brca 1 e 2 normalmente funzionanti. Abbiamo quindi scoperto che Smyd3 è un partner fondamentale delle proteine della riparazione e la loro inibizione ha un effetto simile a quello di una mutazione genetica».

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