Lo studio
Puglia, «Sanità territoriale, urgono standard minimi per i Lea»
Una ricerca di Saponaro e Moro sul futuro della de-ospedalizzazione in Puglia
«È venuto il momento di passare dalla grande convergenza delle intenzioni alla coerenza delle azioni»: è questa la sintesi finale scelta dal ricercatore Giuseppe Moro e dal manager Francesco Saponaro, presidente Cetma, già assessore della giunta Vendola nel paper «Una svolta per la sanità territoriale. Se non ora quando?», pubblicato dal think tank I-Com (Istituto per la competitività). Lo studio fotografa il quadro normativo e amministrativo legato alla sanità territoriale in Puglia, fulcro della de-ospedalizzazione e - dopo l’esperienza della pandemia - della gestione dei positivi in casa con la telemedicina e le Usca.
I due studiosi rilevano che sulla sanità territoriale «si registra una grande convergenza tra indirizzi normativi, opinioni degli studiosi e degli esperti, obiettivi degli amministratori e dei manager sanitari. La convergenza riguarda il carattere nevralgico, e per molti aspetti decisivo, della presenza nel territorio di una rete di continuità assistenziale articolata, dotata di attrezzature e supportata dalle moderne tecnologie per il teleconsulto e la telemedicina». Il riferimento legislativo da cui partire è il decreto ministeriale del ministro della Salute Livia Turco del 10 luglio 2007 che individua il ruolo «delle funzioni e del ruolo della sanità territoriale», e in particolare di «strutture denominate Case della Salute». Sono questi spazi indispensabili a decongestionare il Pronto soccorso degli ospedali (nei mesi scorsi luogo di possibili contagi, soprattutto nel Nord), offrendo al cittadino-utente risposte che vanno dalla medicina di base e della continuità assistenziale con un presidio h24 alla specialistica, dai punti prelievo a radiologia, ecografia, riabilitazione e centrale operativa per la telemedicina.
Fino al 2018 la Puglia aveva 564 milioni di euro da impiegare nel potenziamento della rete sanitaria territoriale e dal 2019 alle settimane pre-Covid la giunta ha inanellato una serie di delibere che danno il via a potenziamenti o edificazione di nuove strutture (tra Bat, Salento e Capitanata), oltre a destinare alla Sanità 402 milioni dell’Azione 9.12 del Por. Saponaro e Moro invitano a «ripensare la presenza sul territorio di una rete di continuità assistenziale articolata, supportata dalle moderne tecnologie per il Teleconsulto e la Telemedicina», come lezione per proseguire la modernizzazione della sanità pugliese, dopo che i Piani di rientro hanno impedito il potenziamento di questi servizi che avrebbero potuto compensare la riduzione dei posti letto o la chiusura degli ospedali periferia o dei piccoli centri. La legge regionale numero 25 del 3 agosto 2006 (modificata con legge regionale numero 35 del 2006) e il Regolamento regionale di organizzazione del Distretto socio-sanitario (numero 6 del 18 aprile 2011), addirittura avevano cristallizzato «l’obiettivo - scrivono Saponaro e Moro - della ricomposizione delle cure primarie e della presa in carico dei pazienti da parte delle strutture distrettuali come irrinunciabile». Nei fatti, però, sperimentazioni come il progetto «Nardino» non sono mai decollati.
Adesso «la nuova proposta pugliese prevede il finanziamento di alcuni nuovi ospedali e di alcuni investimenti per ammodernamento tecnologico», ma «la realizzazione di nuovi ospedali è gravata da un’eccessiva complessità procedurale. Occorre comunque per alcuni di essi aspettare la progettazione esecutiva. Un ciclo, che come per tutte le opere complesse, rischia di durare molti anni». Da qui la richiesta di arrivare, vista la rinnovata attenzione per la sanità territoriale, ad accelerare e accrescere le risorse. E la proposta di Moro e Saponaro è di «incrementare le risorse del Fondo sanitario di esercizio», insieme ad una definizione nazionale «di standard minimi di dotazione per la sanità territoriale, unico modo per rendere effettivi i Lea in questo campo». Ultima considerazione riguarda il ruolo che le eccellenze dell’industria pugliese (Masmec, Itel, Item Oxigen) possono offrire per il futuro ella telemedicina: si tratta di un patrimonio di conoscenze e di realizzazioni avanguardistiche che - come nel caso di valvole e ventilatori - può incidere sulla qualità del diritto alla salute dei pugliesi.