La ripresa
Bari, Rsa, in arrivo la fase-2 Riaprono i centri diurni
La Regione studia le modalità. «I malati saranno assistiti dalle Usca»
BARI - Difficilmente il 4 maggio tutti gli ospedali pugliesi potranno tornare operativi contemporaneamente. L’uscita dal lockdown «sanitario» richiederà almeno due-tre settimane, di pari passo con l’implementazione delle misure di sicurezza per separare i pazienti covid da quelli no-covid. Lo stesso discorso vale per le Rsa, dove oggi i ricoveri sono ufficialmente bloccati, e per i centri diurni che sono chiusi dal 12 marzo creando gravi difficoltà alle famiglie delle persone disabili: l’assistenza domiciliare, infatti, non sempre riesce a garantire il supporto necessario.
L’obiettivo della Regione è dunque di riaprire al più presto anche i centri diurni (69 per i malati di Alzheimer, 119 per i disabili) che oggi stanno lavorando in ordine sparso. In alcuni casi con le terapie domiciliari, qualcuno - dove possibile - mantenendo i contatti con i pazienti attraverso la videoconferenza. Ma anche qui, come per le Rsa, si è dovuto far fronte alla difficoltà nel reperire mascherine e altri dispositivi di protezione. La Regione ad inizio aprile ha adottato una serie di misure per garantire il supporto economico alle strutture, che non possono ricorrere alla cassa integrazione (perché, appunto, gli operatori continuano a essere impegnati), ma questa fase transitoria non può durare ancora molto.
E così, anche per i centri diurni (per i quali il nuovo Dpcm presentato da Conte ieri sera prevede appunto la riapertura dal 4 maggio) l’obiettivo della Regione è far ripartire l’attività al più presto. Anche in questo caso, il primo passo da fare è garantire la sicurezza: non trattandosi di strutture residenziali infatti non ci sono ricoveri, per cui non ci sono da gestire casi covid. Ma la protezione del personale e degli operatori impone verifiche della temperatura agli ingressi e utilizzo di guanti e mascherine, oltre che misure di distanziamento nelle attività. Potrà riaprire, dunque, chi dimostrerà di poter rispettare tutti questi requisiti.
Lo stesso discorso vale per le Rsa e per la gestione dei nuovi ricoveri. Le residenze socio-sanitarie fino a oggi hanno fatto registrare circa 600 casi covid e circa 50 decessi, metà dei quali tra Brindisi e Soleto: una minoranza rispetto alle 214 strutture accreditate o convenzionate che gestiscono circa 10mila pazienti. Anche qui esiste però un problema occupazionale, perché il blocco dei ricoveri - soprattutto in quelle strutture di assistenza che lavorano su un ciclo di 30 giorni - ha come conseguenza il calo drastico dei fatturati e l’impossibilità a garantire la continuità aziendale. Si tratta infatti di strutture private che, però, hanno ormai anche compiti sanitari. Non a caso la scorsa settimana la Regione ha trasmesso alle Rsa la circolare ministeriale che impone di rispettare una serie di misure anche ai privati (cioè alle case di riposo): entro oggi chi non lo ha fatto dovrà ad esempio nominare il responsabile sanitario, che dovrà occuparsi di segnalare tempestivamente gli eventuali casi covid.
Le Asl dovranno mantenere alta la sorveglianza (ad oggi le strutture con contagi sono 22), e avranno compiti di supervisione. Ma l’assistenza ai pazienti malati di covid e rimasti nelle strutture socio-sanitarie (parliamo di persone che non si trovano in condizioni tali da dover essere ricoverate in ospedale) dovrà essere garantita dalle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale: sulla carta dovrebbero cominciare ad operare oggi in 82 sedi su tutto il territorio, anche se probabilmente l’attivazione sarà progressiva e arriverà sino alla prossima settimana.