L'inchiesta

Smaltimento mascherine infette, indaga la Procura di Trani: sono rifiuti speciali

Massimiliano Scagliarini

I magistrati vogliono accertare se ospedali ed Rsa stiano rispettando le norme sullo smaltimento

Le mascherine indossate da un paziente positivo a covid sono un rifiuto speciale, così come lo sono - ad esempio - le tute e tutti i dispositivi di protezione indossati dal personale sanitario. La Procura di Trani vuole capire se nell’area di sua competenza gli ospedali e le Rsa stiano rispettando le norme sullo smaltimento, norme che esistono da ben prima dell’emergenza e sono le stesse che le strutture sanitarie applicano ad esempio per i farmaci scaduti, per i guanti monouso o per le siringhe usate.
Le norme in materia di rifiuti ospedalieri risalgono a più di 15 anni fa: sono contenute in un Dpr del 2003 che le strutture sanitarie conoscono molto bene. A marzo l’Istituto superiore di sanità ha richiamato le regole per il trattamento dei rifiuti prodotti dai pazienti positivi o in quarantena, e ancora prima il ministero della Salute aveva predisposto una circolare operativa. Ed è per questo che su delega del procuratore di Trani, Renato Nitti, anche ieri la Finanza è tornata negli uffici del dipartimento Salute della Regione per verificare ciò che si sta facendo sul punto. I militari hanno acquisito l’elenco delle Rsa presenti sul territorio della Bat e in alcuni Comuni del Barese (Ruvo e Corato), oltre che le disposizioni emanate in merito alla gestione dei rifiuti ospedalieri.

Anche la Regione ha infatti predisposto una circolare che è stata inviata, ben prima dell’inizio dell’emergenza, ai Dipartimenti di prevenzione delle Asl e ai Comuni. L’obiettivo era appunto ricapitolare le regole che esistono in materia, regole su cui - fanno notare dall’assessorato alla Salute - negli ospedali esiste da tempo una vigilanza rigida, perché molti reparti hanno sempre a che fare con rifiuti a rischio infettivo. In questi casi la norma prevede la raccolta in appositi imballaggi (distinti da quelli che contengono i rifiuti ordinari) e la termodistruzione in impianti specifici. In Puglia ce ne sono due (uno nel Foggiano e uno in Salento), ma per motivi di mercato (il rifiuto è una merce) spesso si finisce per utilizzare un inceneritore in Basilicata piuttosto che altri grandi impianti del Nord.
Ma cosa accade per le Rsa e per le altre strutture assistenziali (ad esempio le case di riposo)? I rifiuti a rischio infettivo, secono la circolare ministeriale, vanno classificati come rifiuto speciale (attenzione: speciale, non pericoloso) e trattati alla stregua del rifiuto ospedaliero. Anche in questi contesti, dunque, esiste l’obbligo di maneggiare le mascherine delle persone infette secondo la legge. Sul punto la stessa circolare ministeriale è molto chiara: la responsabilità appartiene al direttore sanitario della struttura privata, che dovrebbe vigilare anche su questo aspetto.

Queste sono le regole che la Regione ha ribadito alle strutture, per il tramite delle Asl. E se per gli ospedali non c’è alcun dubbio sull’applicazione delle norme, questo nelle strutture private si può soltanto presumere. I controlli dovrebbero spettare ai Sisp (i Servizi di igiene delle Asl) e ai Comuni. Va anche detto, però, che secondo l’Istituto superiore di sanità anche le mascherine usate dalle persone in isolamento domiciliare (insieme a tutti gli altri rifiuti in casa) dovrebbero essere classificati come rifiuti speciali, e dunque raccolti in un contenitore separato che dovrebbe essere messo a disposizione e poi ritirato dalle Asl: il Comune di Soleto, ad esempio, ha fatto una ordinanza per imporre questo obbligo alla Asl di Lecce. Ma lo stesso Iss riconosce che almeno per l’isolamento in casa potrebbe bastare un approccio più semplice: stop alla differenziata, e raccolta di tutti i rifiuti in un doppio sacco da inviare preferibilmente a un termovalorizzatore. Fantascienza pura, almeno in Puglia.

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