«Vento forte a Candela». Il tormentone accompagna quasi quotidianamente gli automobilisti sul tratto autostradale dell’A-16. Ed è proprio dalla località dauna, cerniera con l’Irpinia, che parte il viaggio nella Puglia dell’eolico e delle mille contraddizioni legate ad un modello energetico sempre più vasto e incentrato sulle fonti rinnovabili.
Il vento è una risorsa, può portare vantaggi, aprire opportunità di sviluppo locale ma contemporaneamente scatenare gli appetiti dell’Impero sotterraneo, pronto ad infilarsi nelle zone grigie, sempre alla ricerca di nuovi terreni di caccia. Questo grazie all’invasione silenziosa di una miriade di imprese esterne alla Puglia, caratterizzate da soci e capitali spesso difficili da individuare, con sullo sfondo il gioco delle scatole cinesi e di anonime finanziarie estere. Come hanno raccontato le inchieste della magistratura.
Infatti, in questo business, si sono tuffati buoni e cattivi. Con un obiettivo: trasformare in oro luccicante il cadenzato «vrom vrom» prodotto dalle pale degli aerogeneratori. Il messaggio passato in questi anni è stato dirompente.
Gli incentivi a pioggia soprattutto negli anni dal ’90 al 2015, la convinzione di alimentare una energia pulita, le condizioni economiche critiche del territorio, la carenza di controlli sulle domande, praticamente nulla per gli impianti più piccoli, da 1 megawatt, hanno fatto sì che in tanti cedessero alle lusinghe dei signori del vento, svendendo gli appezzamenti di terra. Acquistati a prezzi stracciati e poi rivenduti profumatamente se destinati alle energie rinnovabili. «Del solo reddito agricolo non si può più vivere», la parola d’ordine della gente delle campagne.
La monocoltura estensiva praticata per decenni, da un lato ha impoverito i terreni, dall’altro ha portato all’abbandono delle colture non più redditizie. Così l’interesse economico del singolo ha soffocato la sensibilità ambientale.
Tutto regolare, sia chiaro. La «colonizzazione» è avvenuta con tanto di autorizzazioni e sono spuntate decine di torri. Lance metalliche conficcate nel cuore del terreno. Viste dall’alto danno vita ad una infinita cicatrice. Viste dal Tavoliere generano la confusione percettiva chiamata dagli esperti «effetto selva».
Monti Dauni, dunque, deturpati, sfregiati, feriti, in nome del business. Da Candela a Bovino, Deliceto, Orsara, Troia. A Celle San Vito, il più piccolo paese della provincia di Foggia, dove i 223 residenti parlano l’antico franco provenzale (non chiamatelo dialetto), i funghi sono stati sostituiti dalle turbine (156) che rischiano di superare anche il numero degli abitanti.
A Sant’Agata di Puglia in passato c’è chi si è preso la briga di contare le torri. Sono 111, una ogni 19 abitanti. La mutazione genetica del territorio ha fatto sì che crescessero parchi eolici senza soluzione di continuità. Anche se, nell’immaginario collettivo, il termine «parco», ci riporta ad un luogo verde, al rapporto con la natura in un ambiente gradevole sotto il profilo estetico, alla sensazione di piacere e di pace.
Puglia, terra di mare, di sole e di vento. Su 5.645 impianti eolici per quasi 7mila aerogeneratori installati in Italia, qui si concentra il secondo numero più alto (1.180, dal Gargano al Salento, dati Terna) con una produzione pari al 24,8 per cento di quella complessiva del Paese. La Puglia è in testa alla hit parade dell’eolico per potenza complessiva prodotta: 2,503 Mw per il 90 per cento esportata al Nord e ha ben 92 impianti sopra i 10 Mw.
L'Italia ha installato nuovi impianti eolici per una capacità di 452 Mw l'anno scorso, col 6% della domanda di elettricità coperto grazie all'energia del vento. Nel 2017 erano stati installati 252 Mw, e la copertura della domanda era al 5,2%. Secondo il report annuale dell'industria eolica Ue, WindEurope, nel 2018 il vento ha fornito il 14% dell'elettricità dell'Unione lo scorso anno, contro il 12% nel 2017. La capacità eolica è aumentata di 11,3 GW nel 2018, 8,6 GW sulla terra ferma e 2,65 GW in mare, con il contributo maggiore di Germania (29%), Regno Unito e Francia. La quota più elevata di domanda soddisfatta dall'energia eolica appartiene a Danimarca (41%), Irlanda (28%) e Portogallo (24%).
L’Unione europea punto molto sulla produzione di questo tipo di energia «verde» con incentivi pari a 4,8 miliardi di euro così da arrivare l’anno prossimo a produrre il 20 per cento dell’energia totale consumata nel Vecchio continente rispetto all’8,5 per cento di oggi.
Dunque, le pale girano, producono energia e profitti. Secondo l’ultimo rapporto annuale Irex, in Europa continuano a scendere i costi dell’eolico, in Italia no. Il Lcoe medio (costo di generazione nell'arco di vita dell'impianto) dell'eolico è diminuito del 2% rispetto al 2017 e si attesta a 43,3 euro per Megawattora (Mwh). L'Italia però rimane la più costosa, con 61,5 euro per Megawattora contro il minimo di 35 dei Paesi Bassi.
Luci ed ombre aleggiano sulla ricaduta economica delle royalties legate all’eolico (oscillano tra l’1,5 e il 10 per cento) nella nostra regione. C’è di tutto: donazione una tantum cash, ricadute occupazionali, aumento di servizi e benefici sociali nelle comunità interessate, arricchimento dei singoli proprietari.
Un quadro complesso, intricato che correva il rischio di trasformarsi in beffa. Infatti molte delle convenzioni stipulate con i «signori del vento» prima del settembre 2010 (cioè la gran parte), data nella quale è stato pubblicato il decreto ministeriale sulle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevedevano percentuali e importi differenti rispetto a quelli fissati dal Mise. Il nocciolo della questione era il riconoscimento agli enti locali di compensazioni e ristori a fronte dell’impatto dell’impianto sul territorio.
Risultato? Nel tempo le aziende proponenti hanno contestato gli accordi sottoscritti. Il rischio era che centinaia di Comuni restituissero gli importi percepiti con inevitabili ripercussioni economiche negative nei bilanci.
Nunzio Angiola, professore di Economia aziendale all’Università di Foggia e parlamentare del Movimento 5 Stelle, ha così proposto un emendamento - approvato nella legge di Bilancio - grazie al quale i contenziosi intrapresi dalle società dell’eolico sono stati azzerati. Spiega Angiola: «È stata messa una pietra tombale su questa vicenda spinosa. Tutti i contratti liberamente sottoscritti tra le parti restano validi e vanno rispettati fino a dicembra del 2018. Poi si potrà rinegoziare».
Intanto la Regione ha detto stop ad altri impianti eolici in questa zona della Puglia ed è sempre più restia a rilasciare nuove autorizzazioni. Legambiente, nel rapporto «Comuni rinnovabili 2019», rileva come «lo sviluppo delle rinnovabili in Italia sia praticamente fermo e gli investimenti procedono al passo della lumaca sia perché non ci sono più incentivi a sostenere il business, sia per le barriere autorizzative ai progetti nei territori». Eppure «grazie al mix fra fotovoltaico, solare termico, mini idroelettrico, eolico, bioenergie e geotermia distribuiti su tutto il territorio, sono 3.054 i comuni diventati autosufficienti per i fabbisogni elettrici e 50 per quelli termici, mentre sono 41 le realtà già rinnovabili al 100% per tutti i fabbisogni delle famiglie».
Il presente si chiama revamping, una specie di lifting. Ci sono impianti eolici in funzione ormai da più di dieci anni anche in Puglia. Sono obsoleti, superati, ingombranti. E vanno sostituiti da una nuova generazione più efficiente e meno impattante sul paesaggio e sull’ambiente: 4 torri moderne rimpiazzano 10 torri di un decennio fa. Una partita importante. Perché lì, dove sono stati installati, c’è già tutto, dal vento alle connessioni elettriche, all’accettabilità da parte della popolazione. Insomma il rifacimento intelligente prevede misure di mitigazione (riduzione rumore, vernici anti riflettenti e quindi meno impattanti, maggiore potenza), nessun incentivo, regole più semplici e certezze. In Puglia gli aerogeneratori da mandare in pensione l’anno prossimo saranno 476, 280 dei quali installati in aree non idonee. Questi ultimi andrebbero rimossi a fine ciclo. Invece si punta ad incrementare la potenza complessiva.
Servono, insomma, nuove norme, una strategia all’altezza dei tempi che faccia tesoro degli errori commessi in passato. Anche perché le convenzioni ventennali stipulate, in caso di silenzio-assenso, saranno automaticamente rinnovate. Di qui la necessità di ripensare e aggiornare le misure di compensazione, prevedendo ad esempio spostamenti mirati. E nel 2020 si terranno le elezioni regionali.
GIUNTA CONFERMA NO A PARCO EOLICO - La Giunta regionale ha confermato il parere negativo espresso dal Comitato regionale per la 'Vià e dagli altri enti coinvolti sulla compatibilità ambientale del Parco eolico 'Tre Perazzi', progetto da dodici (12) aerogeneratori per una potenza complessiva di 50,4 Mw, proposto dalla società Inergia Spa nei comuni di Cerignola, Stornarella e Orta Nova, nel Foggiano.
La deliberazione è riferita al parere regionale nell’ambito della procedura di 'Via' di competenza statale e verrà trasmessa dalla Regione Puglia al Ministero dell’Ambiente, alla società proponente, alle amministrazioni locali coinvolte e agli enti interessati.