Dopo l'inchiesta

Regione, altri due milioni agli avvocati furbetti dell'indennità

Massimiliano Scagliarini

Pagati 2mila nuovi decreti ingiuntivi. L'ipotesi: alcuni avvocati potrebbero aver abusato di vecchie sentenze chiedendo più volte le stesse somme

A novembre il blitz della Finanza ha fatto emergere l’esistenza dell’indagine della Procura di Bari sui furbetti dell’indennità agricola: 26,5 milioni di euro, di cui 22,8 per spese legali, pagati dalla Regione e finiti nelle casse di un gruppo di avvocati oggi accusati (tra l’altro) di associazione per delinquere. Ma l’emorragia di denaro non si è fermata. Da gennaio a ottobre 2018 la Regione ha infatti sborsato un altro milione e 700mila euro, a fronte di oltre 2mila pignoramenti. Soldi finiti in massima parte agli avvocati.


Nei giorni scorsi gli uffici hanno trasmesso al Consiglio regionale un nuovo debito fuori bilancio per riconoscere pagamenti nei fatti già avvenuti. «Ci siamo opposti, ma siamo stati condannati e abbiamo dovuto provvedere», allarga le braccia chi si sta occupando della questione. Ma il disegno di legge per il momento non andrà in discussione, perché il presidente della Commissione bilancio, Fabiano Amati, ha chiesto di ricevere i titoli esecutivi: il solo elenco è composto da 50 fogli su cui figurano sempre i soliti nomi, quelli cui il procuratore aggiunto Roberto Rossi e il pm Francesco Bretone contestano il ruolo di capi dell’associazione per delinquere finalizzata alla truffa, ail falso ideologico e materiale, all’autoriciclaggio e alla corruzione in atti giudiziari: gli avvocati Michele Primavera, 58 anni, e Oronzo Panebianco, 48 anni, di Bari, titolari dello studio Primavera&Partners e della Giuristudio srl. A loro, e ad un’altra mezza dozzina di legali, la Finanza a novembre ha sequestrato computer e documentazione attualmente sotto esame.


L’indennità compensativa agricola veniva pagata dalle comunità montane, ma negli anni in cui la Regione non aveva stanziato fondi in bilancio sono partite le azioni legali. Una sentenza emessa nel 1996 ha aperto la strada a migliaia di ricorsi, con la Regione che pagava solo le spese legali ma non la sorte capitale, innescando un gioco perverso: decreto ingiuntivo, precetto, pignoramento, per cifre che raramente superano i 10mila euro, e spesso in Tribunali «esotici» come Como o Matera dove pure la Regione Puglia ha cominciato a costituirsi, con alterne fortune. Ma il meccanismo, ripetuto migliaia di volte, ha creato una voragine: ci sono voluti 12 anni perché qualcuno se ne accorgesse, inducendo il presidente Michele Emiliano a presentare un esposto in Procura.


L’ipotesi di accusa, in corso di verifica, è che la serialità dei decreti ingiuntivi sia «artificiale», perché costruita ad esempio su sentenze già pagate più volte o presentando mandati di persone defunte. In una delle perquisizioni sono stati sequestrati 5mila decreti ingiuntivi e 800 mandati professionali in bianco, dando l’idea - anche questa da riscontrare - di una catena di montaggio. L’accusa di corruzione in atti giudiziari fa riferimento a una cancelliera del Tribunale che potrebbe aver preso soldi per «sorvegliare» alcuni procedimenti di assegnazione di somme. Nel frattempo una parte degli indagati ha ottenuto la restituzione dei computer sequestrati. E il flusso dei decreti ingiuntivi è ripartito.

LA REPLICA - «Non corrisponde al vero la notizia del pagamento di “2mila nuovi decreti ingiuntivi”. Da ottobre 2018 - data antecedente addirittura alla perquisizione e al sequestro di atti del 4 dicembre 2018 - ad oggi nessun pagamento è mai stato effettuato dalla Regione Puglia in favore dei nostri assistiti per spese legali». Lo dicono gli avvocati Nicola Quaranta e Francesco Ruggiero, difensori degli avvocati Michele Primavera e Oronzo Panebianco, due degli indagati (per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, falso e corruzione in atti giudiziari) dell’inchiesta della Procura di Bari sui pagamenti dell’indennità compensativa per circa 30 milioni.


«Non corrisponde al vero - prosegue la nota dei legali - la rappresentazione che nel testo viene fatta del “meccanismo perverso” per cui la Regione Puglia avrebbe pagato “solo le spese legali e non la sorte capitale”; è vero esattamente il contrario, e cioè che il pagamento delle spese legali stava avvenendo da parte della Regione Puglia a distanza di anni dal pagamento della sorte capitale agli agricoltori». In realtà, ciò che la «Gazzetta» ha raccontato si riferiva al fatto che all’epoca delle prime sentenze (fine anni ‘90) la Regione aveva pagato solo le spese legali (liquidate dagli uffici dell’avvocatura) ma non la sorte capitale perché invece l’assessorato all’agricoltura non aveva capienza sui rispettivi capitoli di bilancio. «Non corrisponde al vero - dicono ancora gli avvocati Quaranta e Ruggiero - neanche l’affermazione contenuta in chiusura dell’articolo per cui “il flusso di decreti ingiuntivi è ripartito” anche perché attualmente tutti i fascicoli e gli atti sequestrati in originale ai nostri assistiti sono ancora sotto sequestro e in possesso della Procura della Repubblica».
La «Gazzetta» ha raccontato ieri del disegno di legge contenente un debito fuori bilancio da 1,7 milioni, soldi già pagati nel corso del tempo alla gran parte dei legali coinvolti nell’inchiesta. «Sono sistemazioni contabili - confermano dalla Regione - relative a pagamenti già effettuati. In effetti risulta che dopo l’avvio dell’indagine non ci siano stati nuovi decreti ingiuntivi, anzi è stata registrata la rinuncia ad alcune azioni».

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