Il riassunto

Sanremo 2025, dalla vittoria di Olly ai fischi per il mancato podio di Giorgia: le dieci cose che non dimenticheremo

Bianca Chiriatti

Troppi co-conduttori, donne ingiustamente basse in classifica, l'exploit di Lucio Corsi: tutto quello che rimane del Festival di Carlo Conti

«Sono solo canzonette», cantava Bennato. Canzonette che per la finale del Sanremo 2025 di Carlo Conti hanno tenuto incollati allo schermo 13 milioni e mezzo di spettatori, picco di share durante la proclamazione di Olly, ancora indeciso sull’Eurovision. Archiviate classifiche e polemiche, rimandate al 2026, riavvolgiamo il nastro e recuperiamo le dieci cose che restano, secondo noi, di questo Festival.

1) Il successo «già scritto» di Olly. Il «nostro» vincitore (quel «nostro» sta per «secondo noi») dal primo ascolto per la stampa, il 20 gennaio. Non gusto personale, non complotti che vorrebbero i giornalisti (1400 accreditati) «pagati» dalla manager Marta Donà, la stessa di Maneskin, Mengoni, Angelina. Un successo che chi vive a contatto con la Gen Z, decisiva per il televoto (nella finalissima a cinque Brunori partiva al primo posto), aveva fiutato da tempo (il tour è sold out, le strade di Sanremo invase dai fan che conoscono a memoria ogni canzone). Unisci a tutto un brano più «sanremese» che mai, e il gioco era facile.

2) Lucio Corsi. Arrivato in punta di piedi, anche se il panorama musicale lo frequenta da un decennio, con garbo e gentilezza ha lasciato il segno. Medaglia d’argento, Premio della Critica, ci insegna che non serve sgomitare per essere «duri» e che la magia di riportare in scena personaggi dell’infanzia come Topo Gigio, che a differenza nostra non invecchiano, ci farà sempre sciogliere un po’ il cuore.

3) Serena Brancale. Racconta a tutta l’Italia che lei non è solo quella dei tormentoni su TikTok. Risponde in barese colorito a Morgan che ritiene i brani in gara mediocri, con Alessandra Amoroso divora il palco, e infatti per sala stampa e radio è nella top 4 della serata duetti. Anema e Core è già una hit social. Tutto giusto.

4) Le donne ingiustamente basse in classifica. Gaia, un Festival indossato come un abito su misura. 26esima. Joan Thiele, brano sofisticato, solido. 20esima. Rose Villain, si parla e si scrive troppo della sua evidente bellezza, qui preferiamo sottolineare il netto miglioramento nel canto e la tenuta di palco eccezionale. Nessuna sbavatura, 19esima. Tanto domani la classifica di Sanremo ce la siamo già scordata, il successo che questi brani stanno già avendo quasi ci perseguiterà.

5) I fischi del pubblico su Achille Lauro e Giorgia fuori dalla top 5. Ritornare ai tempi del lancio degli spartiti degli orchestrali. Lauro voleva un Sanremo semplice, concentrato sulla musica, c’è riuscito. Le lacrime di Giorgia, commozione e forse un pizzico di delusione, sono asciugate dall’enorme abbraccio del pubblico (anche se sesta c’è finita per il televoto, stampa e radio l’hanno premiata al primo posto tutte le sere). Immensa.

6) Il caos a Sanremo. Eredità di Amadeus, i fan che invadono la città per sostenere gli artisti. Tutto bellissimo per chi non è qui per lavorare. Fatela voi un’ora in fila per i controlli, nella settimana del Festival, dove anche pranzare è un’incognita.

7) Il nuovo regolamento. Ok l’aver scorporato la gara cover. Da rivedere il metodo di voto, che ha effettivamente dato tutto in mano al pubblico (i dati scorporati sono sul sito Rai). Però se la classifica non piace, è sempre colpa dei giornalisti.

8)I co-conduttori. Troppi. Promossi a pieni voti: Geppi, Katia, Bianca, Cattelan. Bocciati: Mahmood, troppo emozionato, Marcuzzi, meno professionale del solito. Fuori gara Nino Frassica. L’anno prossimo Sanremo può presentarlo Brunori?

9) Tony Effe. Avevano tutti paura del lupo cattivo che chiude 25esimo, stona in finale, gli coprono i tatuaggi, si parla più della collana che della canzone. Era davvero Tony Effe o abbiamo avuto un’allucinazione?

10) Gabry Ponte - Tutta l’Italia. Il jingle che ha assassinato i nostri timpani per tutta la durata del Festival, illegale in volume e numero di ripetizioni. La Gazzetta aveva lanciato l’esclusiva: doveva essere il nuovo Maestro Concertatore della Notte della Taranta. Rispondiamo con la canzone di Willie Peyote: Grazie, ma no grazie.

Privacy Policy Cookie Policy