il processo

Mafia foggiana, chiesti 24 anni per Giuseppe Albanese: è accusato di triplice tentato omicidio

Redazione Capitanata

L'agguato contro il boss rivale Roberto Sinesi, della figlia Elisabetta e del nipotino di 4 anni avvenuto il pomeriggio del 6 settembre 2016 al rione Candelaro

Il pm Bruna Manganelli della Dda ha chiesto la condanna a 24 anni di Giuseppe Albanese, 45 anni foggiano detto “Prnion’”, accusato del triplice tentato omicidio aggravato da premeditazione e mafiosità del boss rivale Roberto Sinesi, della figlia Elisabetta e del nipotino di 4 anni avvenuto il pomeriggio del 6 settembre 2016 al rione Candelaro. Agguato collegato alla guerra tra i clan Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi/Francavilla. Sulla scorta delle dichiarazioni di 4 pentiti il pm ha chiesto ai giudici di riconoscere colpevole l’imputato di essere uno dei 3/4 killer armati di mitra e pistole che da una “Fiat 500” rossa aprirono il fuoco contro le 3 persone che viaggiavano su una “Fiat 500” nera: Elisabetta Sinesi alla guida rimase illesa, il figlioletto seduto dietro fu colpito alla spalla, il padre Roberto Sinesi benchè ferito gravemente al petto scese e sparò contro i sicari mettendoli in fuga. Nella prossima udienza l’arringa dell’avv. Francesco Santangelo che chiederà l’assoluzione di Albanese.

Albanese è in cella dal 21 novembre 2018. E’ stato condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Rocco Dedda del 23 gennaio 2016 collegato alla guerra tra clan; a 8 anni in primo grado per traffico di droga in Araneo; a 11 anni e 6 mesi in appello in “Decimazione” per mafia e tentata estorsione. Era detenuto quando il 15 febbraio 2023 gli fu notificata in cella l’ordinanza per il triplice tentato omicidio dei Sinesi. Rinchiuso al 41 bis nel carcere di Parma si dice innocente. Anche Sinesi è detenuto dal 9 settembre 2016: sconta 20 anni e 2 mesi per mafia, armi ed estorsione ed è stato condannato in primo grado a 16 anni quale mandante del tentato omicidio del capo-clan rivale Vito Bruno Lanza del 17 ottobre 2015.

L’esito del processo ruota sulla credibilità di 6 pentiti: 4 accusano Albanese, 2 lo scagionano. A dire del foggiano Carlo Verderosa, l’imputato gli confidò in cella d’aver sparato a Sinesi. L’ex boss di Altamura Pietro Antonio Nuzzi racconta d’essere stato presente in carcere quando 2 esponenti Alessandro Moretti e Francesco Abbruzzese rimproverarono Albanese per aver fatto fuoco nonostante la presenza di un bambino. Patrizio Villani, sammarchese del clan Sinesi/Francavilla, sostiene che quando il 29 ottobre 2016 uccise in un bar di Foggia Roberto Tizzano e ferì Roberto Bruno, l’obiettivo principale era Albanese che si salvò rifugiandosi nel bagno: fu Francesco Sinesi figlio di Roberto a dargli l’ordine d’ammazzare Albanese indicandolo come uno dei responsabili del ferimento del padre. Il brindisino Andrea Romano afferma che in carcere Emiliano Francavilla, zio del bambino ferito, gli fece il nome di Albanese come uno dei sicari. A “scagionare” l’imputato sono invece gli ex boss Giuseppe Francavilla e Matteo Pettinicchio. Il primo, foggiano, rivela che in carcere il capo-clan manfredoniano Pietro La Torre gli fece i nomi di 2 garganici - il defunto Mario Luciano Romito e Francesco Scirpoli - e del foggiano Massimo Perdonò quali esecutori dell’agguato. Pettinicchio, ex numero 2 del clan Li Bergolis, afferma che un amico gli confidò d’aver fornito le armi al commando composto da Romito, Scirpoli e Pasquale Ricucci, anche lui ucciso come Romito nella guerra di mafia garganica.

Il pm Manganelli nel chiedere la condanna a 24 anni di Albanese, ha rimarcato come Verderosa e Nuzzi siano stati già ritenuti attendibili dalla corte d’assise che inflisse l’ergastolo all’imputato per l’omicidio Dedda. I due - sottolinea l’accusa - non riferiscono notizie de relato apprese da terze persone, ma raccolsero il primo le confidenze dell’imputato sul coinvolgimento nell’agguato fallito; e il secondo era presente quando Albanese fu rimproverato. L’avv. Santangelo replicherà che la sentenza non può essere la somma dei racconti dei pentiti, perché zero più zero dà sempre zero. A dire del difensore le rivelazioni di Verderosa e Nuzzi sono prive di riscontro e in contrasto tra esse: il primo parla di 3 killer e afferma che Albanese gli confidò di essere sceso dall’auto (mentre chi fece fuoco rimase sempre all’interno della “Fiat 500” rossa) e di non aver sparato perché si accorse del pentito; il secondo sostiene che a sparare furono in 4, e che l’imputato fu rimproverato per aver fatto fuoco nonostante la presenza del minore. Non solo: Nuzzi è smentito quando afferma che Elisabetta Sinesi riconobbe in Albanese uno dei sicari e lo confidò al cognato Emiliano Francavilla quando andò a trovarlo in carcere, ma quel colloquio fu intercettato e non si parla affatto del riconoscimento dell’imputato. Villani parla dell’utilizzo di una mitraglietta nell’agguato, smentito dai rilievi balistici; Romano sostiene che a sparare furono 2 persone una delle quali era un albanese. A fronte di questo, ben due ex boss del peso criminale di Francavilla e Pettinicchio escludono invece il coinvolgimento di Albanese nella sparatoria.

Privacy Policy Cookie Policy