giustizia

Politica e affari: iniziato il processo «Giù le mani» che fa tremare Manfredonia

redazione Foggia

Una busta con proiettili inviata nel 2017 a Raphael Rossi, commissario dell’azienda Ase che gestisce il servizio rifiuti a Manfredonia, fu il punto di partenza dell’inchiesta

Una busta con proiettili inviata nel 2017 a Raphael Rossi, commissario dell’azienda Ase che gestisce il servizio rifiuti a Manfredonia, fu il punto di partenza dell’inchiesta “Giù le mani” sfociata nel blitz del 9 marzo 2024 con 5 arresti, quindi nel processo a 9 imputati in corso in Tribunale a Foggia dallo scorso 6 maggio. I responsabili dell’avvertimento sono rimasti ignoti, ma partendo da quelle minacce si sono sviluppate indagini che hanno portato all’incriminazione di ex sindaco; ex assessore; ex segretario generale; 2 esponenti della famiglia Romito coinvolta nella guerra di mafia garganica; imprenditori e dipendenti Ase. Sono accusati a vario titolo di 14 capi d’imputazione per 5 distinti filoni d’indagine: 4 concussioni di cui 1 tentata; 3 peculati; voto di scambio; corruzione; stalking; falso; lesioni; violenza privata.

Il processo ieri pomeriggio è entrato nel vivo con l’interrogatorio del primo dei 300 testi citati da accusa e difesa. Il capitano Luca Di Francesco all’epoca dei fatti comandante della compagnia sipontina della Guardia di Finanza, rispondendo per un’ora e mezza alle domande dei pm Roberto Galli e Giuseppe Mongelli ha iniziato a raccontare le indagini svolte: l’interrogatorio proseguirà il 18 novembre e in una successiva udienza. L’ufficiale delle Fiamme gialle ha spiegato che per cercare di individuare i responsabili dell’avvertimento all’amministratore Ase furono disposte intercettazioni che inizialmente riguardarono l’imputato Michele Fatone, ex dipendente Ase. Emersero rapporti con esponenti politici, le intercettazioni si ampliarono all’avvocato Angelo Salvemini assessore comunale, anche lui imputato; spuntarono contatti con Michele Romito, imprenditore fratello di Franco e Mario Luciano assassinati nel 2009 e 2017 nella guerra con gli ex alleati Li Bergolis. Il capitano Di Francesco si è quindi soffermato sui Fatone padre e figlio e sul loro lavoro all’interno dell’Ase.

In attesa di giudizio ci sono l’ex sindaco Gianni Rotice imprenditore edile e il fratello Michele Rotice anche lui costruttore imputati di corruzione elettorale; Michele Romito che risponde di corruzione elettorale e tentata concussione con Salvemini; quest’ultimo è accusato di anche di falso con Grazia Romito e Rotolo e di corruzione con l’ex segretario comunale Giuliana Galantino; Grazia Romito sorella di Michele, imputata di falso con Salvemini e Rotolo; Michele Fatone per 3 concussioni, altrettanti peculati, lesioni, stalking, violenza privata e tentata violenza privata ai danni di colleghi e manager dell’azienda per la raccolta rifiuti; il figlio Raffaele Fatone, dipendente Ase per lesioni e violenza privata in concorso con il padre; Giuliana Maria Galantino di Lucera per corruzione; Luigi Rotolo di Foggia per falso con Grazia Romito e Salvemini. Tutti respingono le accuse.

Cinque i filoni di indagine: presunto voto di scambio, con la richiesta dei Rotice a Romito di appoggio elettorale in occasione del ballottaggio per le elezioni amministrative del 2021; pressioni e minacce di Romito e dell’ex assessore Salvemini su dirigenti e dipendenti comunali per evitare, inutilmente, lo smontaggio di una struttura ritenuta abusiva del ristorante “Guarda che luna” di Romito sulla scorta di quanto deciso dalla magistratura amministrativa; il falso di cui avrebbe beneficiato con l’aiuto di Salvemini Grazia Romito sorella di Michele, per poter gestire tramite Rotolo un’agenzia di pompe funebri nonostante fosse destinataria di un’interdittiva antimafia; le minacce/concussioni di Michele Fatone (accusato col figlio anche del pestaggio di un collega perché cambiasse il turno di lavoro al figlio) già “vigilatore” dell’Ase nei confronti di alcuni colleghi perché eseguissero lavori di disinfestazione e scavo in terreni di un familiare, e l’avvertimento a un manager dell’azienda (“questa te farò pagare”) per averlo adibito a mansioni diverse; la presunta corruzione contestata a Salvemini e Galantino: quest’ultima per risolvere un conflitto di competenza tra due settori del municipio sollevato dalla società “Bar Centrale” di Romito, avrebbe accettato di seguire le prospettazioni di Salvemini che in cambio redasse gratuitamente una nota utile alla Galantino per contrastare le accuse di mobbing che le erano state rivolte da un dirigente comunale.

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