le indagini

Mafia garganica, nell'inchiesta Mari e Monti anche il tentato omicidio di Miucci e Pettinicchio (mai denunciato)

I due sfuggirono ad un commando nel 2016. Le compagne impaurite al telefono: «Ci fanno morire di infarto, noi abbiamo i figli»

Enzino Miucci, boss erede/reggente del clan Li Bergolis, e il suo ex braccio destro Matteo Pettinicchio pentitosi lo scorso febbraio, sfuggirono nell’ottobre 2016 a un agguato vicino Monte Sant’Angelo, accorgendosi di un’auto “strania” con un commando pronto a ucciderli. Duplice tentato omicidio mai denunciato alle forze dell’ordine che va ad aggiungersi alla lunga scia di sangue della guerra di mafia garganica tra i Li Bergolis e gli ex alleati Romito/Lombardi/Ricucci che dal 2008 ad oggi ha contato, ufficialmente, 36 fatti di sangue con 25 morti, 1 lupara bianca, 21 feriti/miracolati. Dell’agguato fallito ai due presunti mafiosi di Monte Sant’Angelo scrive la Guardia di Finanza in un’informativa alla Dda di Bari allegata agli atti dell’inchiesta “Mari e monti” contro il clan Li Bergolis/Miucci: 40 arresti nell’ottobre 2024; e 50 richieste di rinvio a giudizio per mafia, estorsioni, droga, armi, e altri reati.

Nel ricostruire in 648 pagine gli affari del clan Li Bergolis/Miucci, i rapporti con cosche della ‘ndrangheta, i traffici di droga, l’esistenza di una cassa comune, i rapporti di Enzino Miucci con gli alleati, la supremazia mafiosa della batteria sul Gargano, la capacità di infiltrarsi nelle istituzioni, le Fiamme gialle iniziano la narrazione dalla struttura del gruppo. “Il gruppo criminale dei ‘montanari’ si è mostrato essere un’organizzazione armata, attesa la necessità di difendersi e farsi valere nelle quotidiane dispute con le altre bande con cui spartiscono e contendono il territorio. Ha una struttura organizzativa autorevole e riconosciuta con ruoli e compiti ben definiti, capace di continuare a gestire gli affari illeciti anche in caso di arresto delle figure apicali. Ha protocolli d’onore per pilotare gli esiti processuali delle vicende penali dei sodali, facendo leva sulla dipendenza gerarchica cui sono sottoposti i gregari. Ha la capacità di penetrare nelle istituzioni pubbliche e private. Ha una cassa comune per le spese, comprese quelle legali in caso di arresti di sodali. Enzo Miucci ha assunto il ruolo di reggente all’indomani dell’arresto di Franco Li Bergolis” (cugino) “condannato all’ergastolo nel maxi-processo alla mafia garganica e catturato a Monte a settembre 2010 dopo 18 mesi di latitanza”.

Un capitolo dell’informativa riguarda l’agguato fallito a Miucci e Pettinicchio ricostruito dalle Fiamme gialle attraverso intercettazioni. “Il 24 ottobre 2016 Miucci e il suo luogotenente Pettinicchio scamparono a un agguato ad opera di alcuni forestieri (soggetti non meglio identificati, non di Monte) che a bordo di un veicolo sconosciuto definito da Pettinicchio come ‘una macchina strania’, cioè non del posto, attentarono alla loro vita. L’agguato non fu portato a termine grazie all’elevato stato di allerta quotidianamente tenuto dal duo Miucci/Pettinicchio che intuirono il pericolo, si divisero e fecero perdere le proprie tracce”.

“La ricostruzione dell’agguato” scrivono i finanzieri “si è resa possibile sulla scorta delle intercettazioni ambientali”, da cui emerge che Pettinicchio “chiamò in tono concitato la compagna chiedendole di andargli incontro in auto immediatamente senza spiegarle il motivo”. Dalla microspia nell’Audi A3 in uso a Pettinicchio emergono “particolari e dinamiche del duplice tentato omicidio svelati dalla genuinità del racconto di Pettinicchio e dalle sue dichiarazioni esternate nell’immediatezza dello scampato pericolo. Si apprendeva così che Miucci e Pettinicchio avevano notato un’auto con persone mai viste prima e intuite le cattive intenzioni, valutarono come miglior soluzione quella di dileguarsi separatamente. Pettinicchio si nascose nell’ospedale di Monte; subito dopo essere stato raggiunto in auto dalla compagna contattava … di Manfredonia, dandogli l’incarico di prestare assistenza al boss Miucci che in conseguenza del tentato agguato si trovava appiedato sulla strada Macchia-Monte”. Così le intercettazioni. Pettinicchio alla compagna: “Vieni alla riabilitazione, dove facevo la riabilitazione”. Poi le confida: “Una macchina che ci ha voluto” (segue parola incomprensibile) “una macchina strania”. Poi Pettinicchio manda il messaggio all’amico di Manfredonia per soccorrere Miucci: “vedi se tra Macchia e Monte per strada trovi il compagno mio; se lo trovi lo porti da voi, ciao”.

La concitazione e la preoccupazione delle compagne dei due scampati confermerebbe - nell’ottica dei finanzieri - la paura per lo scampato pericolo. “Sono stanca di tutto”. “Quello ti fa venite un infarto”. “Noi non dobbiamo stare così, con l’ansia addosso che dobbiamo capitare qualcosa. Noi non vogliamo morire d’infarto, noi dobbiamo campare che teniamo i figli”. “Non risulta che Miucci e Pettinicchio” annota la Gdf “abbiamo mai sporto denuncia in merito all’attentato del 24 ottobre 2016. Anzi in seguito a quell’agguato si organizzarono per reperire armi con far fronte a ulteriori eventuali situazioni. Due giorni dopo, il 26 ottobre, concordarono un incontro con un calabrese che si recò a Monte verosimilmente per trattare la cessione di armi al clan dei montanari”.

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