Il caso

Banda della marmotta nel Foggiano, chieste 5 condanne a 37 anni di carcere

I cinque di Orta Nova e Ordona accusati di colpi avvenutianche in Lombardia, Piemonte e Basilicata oltre che in Puglia

Cinque richieste di condanna per complessivi 37 anni e 4 mesi di reclusione; 2 proposte di patteggiamento; 1 posizione sub iudice: così il processo abbreviato a 8 dei 9 presunti componenti della banda della marmotta composta da 7 foggiani, 1 torinese, 1 bulgaro. Il gruppo è accusato d’aver assaltato 17 bancomat tra il 14 agosto 2024 e il successivo 2 ottobre, colpendo nel Foggiano 5 volte, nel Barese, in Basilicata, Campania, Lombardia e Piemonte. Nove furti a segno fruttarono circa 290mila euro mai recuperati, altri 8 fallirono. Il blitz di Procura e carabinieri scattò il 17 dicembre con 8 fermi. I 9 imputati sono accusati a vario titolo di 20 capi d’accusa: associazione per delinquere, furto e tentato furto, detenzione e porto illegale di esplosivo, ricettazione di una “Maserati”. Per un solo imputato è in corso il processo con rito ordinario davanti al Tribunale di Foggia; per gli altri 8 a decidere su condanne e assoluzioni sarà il gup del Tribunale di Foggia Odette Eronia.

Il pm Alessio Marangelli considerata la riduzione di un terzo della pena prevista dal giudizio abbreviato ha chiesto la condanna a 10 anni di Angelo Pallotta, 44 anni, di Orta Nova ritenuto il capo della banda; 9 anni e 4 mesi per il compaesano Antonio Battaglini, quarantaseienne; 6 anni a testa per gli ortesi Gabriele Bruno ventenne e Domenico Di Leo, diciannovenne; e Lorenzo Di Michele, ventottenne di Ordona. Quando il giudice emetterà la sentenza si pronuncerà anche sulle richieste di patteggiamento concordate tra Procura e difensori di altri 2 imputati: 3 anni, 7 mesi e 7 giorni per Leonardo De Luca, cinquantaduenne di Ordona; 3 anni, 10 mesi e 20 giorni per Georgi Vasilev Ivanov, bulgaro ventottenne residente a Carapelle. Resta da definire la posizione di Pasquale Lagioia, quarantaseienne di Orta Nova, dopo un’iniziale ipotesi di patteggiamento a 4 anni: anche per lui c’è poi stata la scelta del rito; richiesta di pena del pm e arringa del difensore sono slittate alla prossima udienza. I difensori degli 8 imputati - gli avv. Francesco Americo, Rosario Marino, Luigi Sauro, Francesco Paolo De Santis, Antonio Attino, Giorgio De Laurentis - chiedono assoluzioni, condanne ridotte al minimo e 2 patteggiamenti.

Dei 17 assalti contestati nel capo d’imputazione di cui 3 nel Nord Italia in una stessa nottata, 5 furono messi a segno in Capitanata: 14 agosto 2024 alla Bper di San Nicandro Garganico con bottino di 6300 euro; 28 agosto e 6 settembre ancora a San Nicandro alla Banca popolare di Milano, falliti; il 26 settembre alla Bpm di San Marco in Lamis, a vuoto; il giorno alla stessa banca nella filiale di Ascoli Satriano che fruttò 58mila euro.

Stando all’accusa che poggia essenzialmente su intercettazioni, la banda eseguiva sopralluoghi; colpiva di notte in pochissimi minuti; usava carte di credito prepagate intestate a stranieri da inserire nelle bocchette degli sportelli Atm per assicurarne l’apertura e per infilare la “marmotta”, ossia l’artigianale pala con esplosivo sulla parte piatta. Seguiva il botto e il rapido prelievo del contante, quando la cassaforte veniva squarciata perché non sempre i colpi andavano a buon fine. Molti bancomat i erano muniti di dispositivi antifurto che macchiavano le banconote in caso di prelievi forzati: la banda aveva un sistema per ripulire i soldi e riciclarli.

Nella ricostruzione accusatoria Pallotta viene indicato come il capo dell’associazione per delinquere: si sarebbe occupato di “fornire la base operativa per incontri, pianificazione dei furti, preparazione del materiale occorrente; inoltre definiva i vari compiti, spartiva il bottino e/o lo reimpiegava”. Di Michele e Battaglini avrebbero agito in base “alle direttive del capo, eseguendo i furti, individuando gli sportelli Atm e partecipando alle spese dell’organizzazione”; De Luca sarebbe stato l’esperto che preparava le marmotte; il bulgaro Ivanov avrebbe invece “procacciato le carte di credito prepagate intestate a terzi utilizzate per assicurarsi l’apertura delle bocchette di erogazione del denaro; Bruno in alcune occasioni avrebbe fatto “da palo e/o staffetta” mentre i complici erano all’opera.

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