il caso

Foggia, torture e abusi sui detenuti:chiesto rinvio a giudizio per 10 agenti penitenziari

ReDAZIONE FOGGIA

Avrebbero picchiato e torturato 2 detenuti: il primo con problemi psichici e invalido al 100% per punirlo, il secondo per aver provato a difendere il compagno di cella

FOGGIA - Dieci poliziotti penitenziari in servizio nel carcere di Foggia avrebbero picchiato e torturato 2 detenuti: il primo con problemi psichici e invalido al 100% per punirlo in quanto aveva scioccato una vice ispettrice tagliandosi e sanguinando davanti a lei, il secondo per aver provato a difendere il compagno di cella. Per non far scoprire quanto successo, i 10 agenti di custodia avrebbero poi cercato di insabbiare la vicenda con falsi verbali e beneficiando anche dell’aiuto-complicità di 3 medici e 1 psicologa in servizio alla casa circondariale. E’ quanto in estrema sintesi ipotizza il pm Laura Simeone nel chiedere il rinvio a giudizio di 14 persone (l’elenco a parte ndr) accusate a vario titolo di 24 capi d’accusa per fatti avvenuti nell’agosto 2023: 2 episodi di tortura, altrettanti di abuso di autorità contro detenuti, 1 concussione e 1 tentata concussione, 7 falsità ideologiche commesse dal pubblico ufficiale in atto pubblico, 2 omissione d’atti d’ufficio, 3 calunnie, altrettanti favoreggiamenti, e infine omissione di referto, danneggiamento e soppressione atti. Il gup Cecilia Massarelli ha fissato l’inizio dell’udienza preliminare per il 15 settembre. Gli imputati respingono le accuse.

L’accusa poggia su video, e sul racconto delle presunte vittime e di un terzo carcerato. L’inchiesta sfociò nell’arresto dei 10 agenti posti ai domiciliari il 18 marzo 2024, da tempo tornati in libertà. Tre le parti offese: i 2 detenuti di Bitonto e Taranto che sarebbero stati pestati; un terzo recluso albanese che sentendo le urla delle vittime cercò di avvicinarsi ma venne rinchiuso in cella (i tre sono attualmente rinchiusi in altre carceri). Fu la lettera dell’albanese inviata il 17 agosto 2023 in Tribunale in cui si diceva “pronto a testimoniare nel massacro di…” a dare il via alle indagini di polizia penitenziaria e carabinieri. Furono interrogati i 2 detenuti che confermarono il pestaggio subito (vedi articolo a fianco ndr).

Ai 10 poliziotti il pm contesta d’aver picchiato - chi prendendo parte all’aggressione, chi osservando la scena “insensibile alle urla e alle richieste d’aiuto” - un recluso di Bitonto “affetto da patologie psichiatriche sfociate anche in tentativi di suicidio, quindi maggiormente vulnerabile”. E d’averlo fatto agendo “con violenze gravi e crudeltà, sottoponendolo a un trattamento inumano e degradante”. Quando il compagno di cella, un tarantino, provò a intervenire, botte anche per lui - prosegue il capo d’accusa - con “accanimento sul volto di una persona scalza e indifesa che cercava solamente di ripararsi dai colpo”. Il reato di tortura è aggravato dall’aver agito in più di 5 persone, abusando dei poteri e violando i doveri cui gli agenti erano tenuti vista la loro “funzione pubblica”.

“Per impedire l’accertamento dei fatti e depistare le indagini”, si legge negli atti processuali, sarebbe partita una presunta opera di insabbiamento: da qui le ulteriori accuse di concussione, falso, favoreggiamento, calunnia, soppressione atti. Sarebbe falso che la perquisizione della cella fu decisa perché il bitontino era sospettato di custodire grappa per conto di un altro recluso; l’uomo sarebbe stato costretto a sottoscrivere un verbale in cui ammetteva d’aver dato in escandescenze e che gli agenti lo avevano tranquillizzato senza fargli del male, con tanto di minacce di ritorsioni se li avesse denunciati; all’altro recluso, il tarantino, fu attribuito un verbale ritenuto falso in cui diceva che il compagno di cella al momento della perquisizione si era agitato, aveva inveito, si era dimenato, era solito girare con lamette nascoste in bocca.

Antonio Iuso avrebbe visitato il tarantino senza riscontrare “alcun segno di trauma o lesioni visibile”; in altri 3 referti attestò invece escoriazioni sulle braccia di agenti, compatibili “con una verosimile aggressione con lametta”. L’altro medico Romolo Cela nel visitare il bitontino avrebbe riscontrato solo uno stato di agitazione, mentre l’accusa parla di lesioni a capo, occhio e torace; anche il dottor Francesco Balzano avrebbe detto di non aver trovato segni di violenza. La psicologa Stefania Lavacca avrebbe appreso dal detenuto albanese del pestaggio, ma senza riferirlo a investigatori e autorità giudiziaria.

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