giustizia

Mafia garganica, in appello 14 condanne a 108 anni. Sconto di pena al boss viestano Raduano, ora pentito

redazione foggia

Due assoluzioni e 14 condanne a complessivi 108 anni nel processo d’appello “Omnia nostra” alla mafia garganica

Due assoluzioni e 14 condanne a complessivi 108 anni nel processo d’appello “Omnia nostra” alla mafia garganica. La corte d’assise d’appello di Bari ha ridotto le pene a 10 dei 14 condannati, confermandole per altri 4; lo sconto più sensibile per l’ex boss Marco Raduano che a fronte dell’ergastolo inflitto in primo grado quand’era ricercato, si è visto ridurre la pena a 20 anni per mafia, 2 omicidi e 1 tentato omicidio, in virtù del pentimento datato 14 marzo 2024, arrivato 40 giorni dopo essere stato catturato il primo febbraio a Bastia in Corsica, al termine di un anno di latitanza.

I 14 condannati sono stati riconosciuti colpevoli a vario titolo di vario titolo di associazione mafiosa quali affiliati al clan Lombardi/Ricucci/La Torre e al gruppo alleato Raduano; 2 omicidi; 1 tentato omicidio; traffico e spaccio di droga; estorsione; armi; trasferimento fraudolento di beni; favoreggiamento; violenza privata; falso; truffa all’Inps; autoriciclaggio. Assoluzione per non aver commesso il fatto dalle accuse di droga e scarcerazione per i manfredoniani Alexander Thomas Pacillo e Giuseppe Sciarra: in primo grado furono inflitti 9 anni e 9 anni e 4 mesi.

Il pg Giannicola Sinisi nell’udienza del 13 novembre chiese ai giudici 16 condanne, con sconti di pena per 4 imputati. La difesa sollecitava assoluzioni e/o riduzioni delle condanne di primo grado. L’imputato principale è l’ex boss Raduano, reo confesso di una dozzina di omicidi: si è visto ridurre la pena a 20 anni come chiesto dal pg. Risponde di mafia; d’aver ordinato l’omicidio del compaesano Omar Trotta, ucciso a luglio 2017 nel suo ristorante di Vieste sotto gli occhi di moglie e figlioletta, nell’ambito della guerra tra il clan Raduano e i rivali Perna/Iannoli; d’essere uno dei killer di Giuseppe Silvestri “l’apicanese”, assassinato a colpi di lupara il 21 marzo 2017 a Monte Sant’Angelo, delitto firmato dal clan Lombardi/Ricucci/La Torre e dal gruppo Raduano nella guerra con i Li Bergolis/Miucci; e infine d’essere uno dei tre sicari del tentato omicidio di Giovanni Caterino del 18 febbraio 2018, organizzato dall’ex clan Romito (poi diventato gruppo Lombardi/Ricucci/La Torre) per vendicare l’omicidio di Mario Luciano Romito che era stato assassinato il 9 agosto 2017 nella strage con 4 vittime nelle campagne di San Marco in Lamis firmata dal clan Li Bergolis, in quanto Caterino fece da basista e sconta l’ergastolo per quella mattanza.

Tutti i condannati con l’eccezione del manfredoniano Adriano Vincenzo Carbone dovranno risarcire i danni a Regione Puglia, Comuni di Vieste, Mattinata, Monte Sant’Angelo, Manfredonia, Federazione antiracket, Camera di commercio e a una privata cittadina, costituiti parte civile.

L’inchiesta “Omnia nostra” di Dda e carabinieri del Ros fotografa gli affari e i crimini dell’ex clan Romito (ora nelle mappe della Dda denominato Lombardi/Ricucci/La Torre) e degli alleati del gruppo viestano Raduano; furono 32 gli arresti eseguiti nel blitz del 7 dicembre 2021. Chiuse le indagini, la Dda chiese il rinvio a giudizio di 45 persone per 57 capi d’accusa. Il processo si divise in 3 tranche nel novembre 2022 al termine dell’udienza preliminare dal gup di Bari: 24 persone rinviate a giudizio e ancora sotto processo in Tribunale a Foggia dal gennaio 2023; altri 2 imputati rinviati a giudizio per l’omicidio Trotta con processo in corte d’assise a Foggia iniziato a febbraio 2023, e sentenza attesa entro la prossima primavera; 19 i garganici giudicati dallo stesso gup avendo optato per l’abbreviato e condannati il 31 ottobre 2023 a 166 anni e 8 mesi (tenuto conto della riduzione di un terzo prevista dal rito), cui aggiungere l’ergastolo inflitto all’allora latitante Raduano. Dei 19 imputati condannati, 16 appellarono la sentenza; ieri è giunto il secondo sigillo giudiziario. Nei prossimi mesi sarà la Cassazione a pronunciarsi sui ricorsi difensivi.

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